Capitolo 5
ADELAIDE
Non c'era nulla da fare, quell'estate le cose non volevano andare al loro posto. Mi sentivo sempre più demoralizzata, mamma aveva voluto che tutti noi andassimo a Rio quell'estate. Il nonno era agli ultimi mesi di vita e sentiva la necessità di rivederci tutti un'ultima volta.
Di questo non potevo accusarlo, anche io desideravo stargli accanto e poterlo salutare un ultima volta prima che chiudesse gli occhi per sempre. Ero molto affezionata ai nonni materni, poiché erano gli ultimi che mi erano rimasti. Ero stata molto affezionata anche a nonno Adam e nonostante erano passati solo quattro anni ancora ne sentivo la mancanza.
Il rapporto tra nonno Adam e noi era stato molto intenso, poiché avevamo vissuto sotto il suo stesso tetto fino alla sua morte. Ma nonostante così non era stato con nonna Cecilia e nonno Placido lo stesso ero loro molto legata.
Mamma tante volte aveva chiesto ai due di raggiungerli e vivere insieme a Boston, ma ovviamente i coniugi Suarez avevano altri figli e nipoti a Rio e non potevano o volevano lasciare casa solo per loro. Così era la famiglia Thompson ogni volta ad andare a Rio, che fosse Natale, Pasqua o altre festività lunghe, noi eravamo lì.
Così ero partita mettendo da parte i miei programmi per lasciare casa e andare all'università. Fortunatamente all'ultimo minuto anche London era riuscito a venire con noi, accompagnato ovviamente dall'inseparabile Gabriel. Erano stati un paio di giorni con noi e con i nonni e dopo qualche giorno erano ripartiti verso Cuba.
Io al contrario mi ero dedicata tanto a mio nonno, ero stata con lui anche quando la mia famiglia andava a Capocabana, in fondo ero andata lì per loro e uscire mi sembrava ipocrita. Così tra una faccenda in casa e l'altra raccontai alla nonna e a zia Bianca i miei progetti e i continui rifiuti di mamma e papà a mandarmi all'università.
"Vogliono che sposi Hoffman, tanto ormai l'ho capito." Mi ero confidata. Lo avevo capito fin troppo bene, poiché dalla cena a casa Jenkins fino alla partenza per il Brasile me lo ero trovato quasi sempre a casa, contemporaneamente io avevo imparato a difendermi facendo in modo che Alaska e Dallas fossero sempre con noi.
Ronald Hoffman aveva infatti la cattiva abitudine di allungare fin troppo le mani e la cosa mi disgustava. Così nel momento stesso in cui ci provava senza che dicessi nulla Dallas interveniva.
Ormai le frasi di rito del mio fratellino erano: allontanati da mia sorella, giù le mani, guarda su e infine... non hai nulla da fare?
Lo adoravo sempre di più, non solo stava diventando un ragazzino bellissimo. Era anche attento, perspicace e intelligente.
"Se non lo vuoi i tuoi genitori non ti obbligheranno mai. Non con la loro storia tesoro mio!" Arrancava dicendo la nonna.
Io la osservai e le baciai il viso rugoso. "Io non mi sposerò fin quando non mi sarò laureata." Le disse e sinceramente vedendo anche il degrado che c'era lì a Rio nella zona povera delle favelas la mia voglia di difendere i più deboli dai soprusi era sempre più forte.
"Diventerai un grande avvocato Adelaide, tu puoi farcela perché hai la passione e fin quando avrai quella riuscirai in tutto." Disse la nonna.
"Non c'è nessun ragazzo che ti piace?" Mi chiese la zia Bianca. Scossi la testa, ovvio che no. "Strano, perché ho visto che tu e l'amico di tuo fratello vi scambiavate occhiate."
Arrossii. Non era come credeva lei, io e Gabriel semplicemente ci comprendiamo. "No-no...nulla! Cioè lui ha le sue ragazze e io... io devo studiare... si è il ragazzo più bello che conosco... cioè non di aspetto, ha un cuore d'oro anche se certe volte... noi in pratica..." balbettavo e mi sentivo sempre più accaldata. "Siamo solo amici." Sussurrai facendomi aria.
Sia la zia che nonna risero. Perché mi prendevano in giro. "Sono contenta che hai un amico così bello. Perché avrà anche un bel carattere ma ho notato il suo bel sedere, io e anche le tue cugine lo abbiamo notato." Mi prese in giro la zia.
Sbuffai. Ero con Alaska una delle più piccole di casa e quella malizia ancora non mi era del tutto chiara. La nonna mi strinse la mano e mi girai verso di lei.
"Dimmi tutto!"
"Ti aiuto io con l'università se i tuoi non vogliono. Tua madre non può negarti ciò che lei ha avuto." Mi disse
"La mamma si è laureata?" Chiesi stupita.
La zia Bianca ancora rise. "Tutti e cinque siamo laureati, cosa ne sai tu." Mi prese in giro.
Nonna annuì. "Però non lo dico per quello. Tua madre ha deciso di venir via di casa e noi glielo abbiamo permesso. Se non ti permetterà di spiegare le ali Adelaide lo faremo noi al posto suo, dimenticare chi si è stati è sempre un grande errore." Mi disse incoraggiandomi e abbracciandomi.
Era incredibile la forza che le sue braccia avevano nonostante avesse già settant'anni. Però non c'erano dubbi, l'incoraggiamento di nonna Cecilia e zia Bianca mi era stato di conforto.
I miei genitori invece non lo erano, al ritorno da Rio avevamo ripreso a discutere. Loro dicevano di no, io che sarei andata.
A un certo punto mio padre mi aveva ricordato che avevo già un lavoro pronto alla Thompson e mia madre che Ronald Hoffman era interessato a me, quindi partire per una qualsiasi università non era tenuto in conto.
Quindi niente, dovevo andare via e trovare un modo.
Preparare la valigia con quanti più vestiti possibili, tutti i documenti, compresi l'ammissione e il libretto di risparmio, infine tutto il mio coraggio.
Dovevo andare via prima che mi incastrassero in quella gabbia dorata. Quando fui certa di essere pronta andai alla ricerca dei miei fratelli e cercai Alaska con lo sguardo.
"Tu e Michaela andate a pattinare oggi?" Chiesi con indifferenza.
Lei annuì e io ringraziai il cielo che entrambe ancora non avessero preso la patente.
"Posso accompagnarvi io se vi va. Devo passare in centro a controllare se è arrivato il libro che ho ordinato." Le disse quindi.
"Michaela viene qui con Gabriel, così lui può salutare London prima di partire." Mi disse lei.
Rimasi interdetta. "Parte questa sera?" Chiesi cercando di elaborare un altro piani.
"Domani mattina alle quattro. Questa sera dorme all'albergo vicino il Logan." Rispose ancora Alaska.
"Capisco... sai che ti dico, chiederò un passaggio io a lui. Così poi potrete tornare con me a casa." Proposi.
"Senza auto?" Chiese Dallas divertito. "Loro non sono come te, odiano camminare."
Non riuscii a non ridere io stessa a quell'affermazione. "Vuol dire che tornerò da sola. Vado a far la posta a Michaela e Gabriel." Dissi uscendo dalla stanza.
Intanto sentivo Dallas ridere mentre diceva ad Alaska che sicuramente Gabriel avrebbe accettato di portarmi anche in capo al mondo.
Io feci spallucce e andai via, dovevo essere rapida. Avrei lasciato il biglietto di addio nella stanza di mamma e papà, sul cuscino di lei. Così da non dar loro pensiero, stessa cosa avrei fatto con i miei fratelli e dovevo trovare una scusa per mettere il trolley nell'auto di Gabriel senza destare sospetti. Potevo farcela, ne ero sicura.