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Capitolo 3

GABRIEL

“Ci vediamo domani sera alla cena dei Jenkins" l'avevo salutata così il giorno prima.

E adesso lei era di fronte a me, nella casa del senatore Jenkins, con il broncio sul viso e l'aria annoiata. Odiavo vedere la mia Heidi con lo sguardo spento. Odiavo che le chiudessero la bocca per metterla a tacere o che le impedissero di dare la sua opinione sulle 'ingiustizie' della società.

Lei era sempre stato uno spirito ribelle e forse proprio questo suo lato indomito era riuscito ad attrarmi sin dalla prima volta che l'avevo conosciuta.

Annoiata, ferma accanto una poltrona non sembrava proprio lei, con molte probabilità non era interessata a partecipare alla serata 'in famiglia' dei Jenkins. Ma quella era la società dove entrambi eravamo cresciuti e se ci dicevano di andare, noi dovevamo esserci, volente o nolente.

"Adelaide sorridi al senatore Jenkins e cerca di non discutere delle scelte politiche effettuate." Sussurrò Manila Thompson alla figlia.

"Sarebbe una cena in famiglia, questo esclude parlare di politica." Emise lei in un sussurro

"Hannah ha organizzato questa cena per un motivo, avere l'appoggio dei Keller adesso che si è candidato come senatore del Massachusetts è importante." Aveva risposto Manila spingendo la figlia verso gli ospiti di casa per i convenevoli di rito.

Anche io sapevo quella cosa, sinceramente che lo chiamassero già senatore mi infastidiva. Perché non chiamarlo dottore o avvocato, sapevo che chiamarlo rappresentante era strano. Ma chiamarlo senatore no, o almeno non era il caso dal momento che non lo era ancora.

Sapevo che mio padre lo avrebbe appoggiato, Jenkins era un democratico e tanto bastava per avere i favori della mia famiglia.

Guardai la schiena diritta e nuda di Heidi e mi chiesi cosa avevo fatto di male a meritarmi un'altra serata con lei.

L'avevo ignorata in quegli ultimi due anni, più che ignorata, evitata era il termine giusto. Perché non riuscivo ad ignorarla!

Credo di averla amata dal primo momento che l'ho conosciuta a quindici anni, quando io e suo fratello London diventammo compagni di classe, e successivamente migliori amici, alla Boston Latin Academy.

London lo aveva portato a casa sua quel giorno e lui aveva sentito Manila discutere.

"Sembra che mia sorella Adelaide ne abbia fatta una delle sue." Mi aveva detto London entrando nella sala degli ospiti.

Una donna dai capelli neri e la carnagione scura stava sgridando una bambina con la pelle poco più chiara della sua e gli stessi capelli neri e ricci. Sembrava che la bambina fosse intervenuta in una scorribanda con alcuni ragazzi che stavano approfittandosi di uno della prima classe.

"Non ho potuto fare a meno di intervenire. Era più piccolo e volevano prendergli la merenda."

"Devi darti una calmata Adelaide, quando vedo queste cose avverti un docente, ti rendi conto che con i tuoi atteggiamenti metti in imbarazzo tutti noi?" Diceva la donna disillusa.

"Mamma quel bambino..." Continuò lei fermandosi notando la nostra presenza.

"London!" Disse la matriarca osservando il primogenito così simile al padre sia di aspetto che nei modi.

"Mamma, io e Gabriel abbiamo la ricerca, ricordi?" Disse il mio amico indicandomi.

Io subito ero entrato nella parte, avevo teso la mano e come mi aveva insegnato mio padre mi ero presentato. "Deliziato signora Thompson, Gabriel Keller, per servirla." Le avevo preso la mano e lievemente vi avevo poggiato la bocca.

"Oh sì! London mi aveva detto di te. Ma andate, proseguite in biblioteca, io intanto vi faccio preparare qualcosa da bere." Ci aveva detto prendendo la figlia per mano.

I miei occhi si erano sposati sulla bambina e mi folgorarono, per il colore particolare sicuramente, erano verdi grigi, ma anche per l'intenso ardore che vi vidi.

"Adelaide va in camera tua, parleremo dopo con tuo padre della tua condotta." Disse la donna alla piccola.

Io le sorrisi beffardo. Adelaide, come la protagonista dell'anime che avevo visto in Germania a casa di mia madre. Sembrava proprio come quella pastorello, una piccola selvaggia indomita. "Ciao Heidi." Le avevo detto.

"Heidi?!" Una smorfia era comparsa sul suo viso. "Adelaide, mi chiamo Adelaide."

Ancora le avevo sorriso spalleggiandomi a London. "Si sì, proprio così! Heidi." La beffeggiai. "Avete tutti nomi di città qui in famiglia?" Avevo chiesto al mio amico che, divertito, rise portandomi fin se in biblioteca.

"Ovvio! London, Chester, Brooklyn, Adelaide, Dallas e Alaska." Me li elencò lui. "Lo so, i miei sono assurdi."

Io risi. "Tanto quanto mio padre, ci ha messo i nomi dei tre alti arcangeli." Gli dissi guardandomi intorno, come a casa mia anche in quella abitazione c'era una biblioteca privata di tutto rispetto. I testi erano forse più antichi di quelli che si trovavano a casa ed anche la fattura dei mobili che si comprendeva fossero più antichi.

La mia famiglia era giunta a Boston agli inizi del ventesimo secolo, sapevo solo che il mio bis nonno un banchiere di Monaco, aveva ordinato al nonno di lasciare la Germania. Il nuovo Reich chiamava alle armi tutti i giovani cittadini tedeschi e al bis nonno sacrificare l'unico figlio per la patria, dopo che aveva combattuto nella prima guerra mondiale, non doveva andare proprio giù, se aveva deciso di mandare via il figlio.

Ovviamente col senno di poi e sapendo della guerra che ne era seguita, dovevo ammettere che il mio bis nonno aveva fatto bene. Ovviamente la seconda guerra mondiale aveva colpito anche gli Stati Uniti. Ma non come l'Europa e soprattutto a Boston, dove era approdato nonno Edgar, i rumori di quella guerra erano pochi.

Il nonno aveva tirato su la sua impresa aprendo una società di consulenza finanziaria, seguendo la tradizione di famiglia, lì a Boston.

Mio padre aveva fatto crescere la BBC* in tutto il mondo, cominciando da Monaco, dove aveva ereditato la banca e trasformandola in una sede secondaria della sua società.

Aveva sacrificato tutto per la sua società, anche lui. Il figlio inaspettato! Non sapevo come erano andati i fatti in realtà, l'unica cosa che avevo compreso era che mia madre all'epoca era contesa sia da mio padre che da mio zio che era restio a corteggiare la sua segretaria. Mio padre gli aveva fatto lo sgambetto e in visita alla filiale di Monaco aveva sedotto e abbandonato la bella Inga.

Mia madre e mio zio si erano sposati qualche mese dopo la visita di papà a Monaco. La mamma era rimasta incinta e mio zio si era reso disponibile a impegnarsi con lei in nome di mio padre. Perché l'amava, ed effettivamente ancora stavano insieme dopo tutti quegli anni loro due, a differenza di mio padre. Lui saputa la notizia non aveva mai pensato di sposare la mamma, al contrario voleva riconoscere me. Per quanto non fosse innamorato di mamma era un uomo coscienzioso e riconosceva le sue responsabilità, in fondo quello che aveva fatto con me era accaduto dieci anni dopo con Michaela e poi con Rafael, i miei fratelli minori da parte di papà.  Papà fino a quando non aveva conosciuto Denise Lambert, a quasi cinquant'anni, era stato un donnaiolo. Nessuno lo aveva fermato, neanche i figli che si era sparso in giro per gli Stati Uniti e in Europa, anzi aveva proseguito su quella strada. A lui, secondo me, bastava avere un figlio che portasse avanti il suo impero. Infatti appena ero stato abbastanza grande da poter essere indipendente, a quattordici anni, papà mi aveva fatto lasciare Monaco per raggiungerlo a Boston, dove mi aspettava l'ingresso in una scuola prestigiosa e antica e dove poi successivamente avrei preso il mio posto nella multinazionale. La sua scusante era stata che era giunto il momento che conoscessi gli altri miei fratelli, oltre Gellert e Pamela figli di mia madre. Così avevo lasciato la Germania e Monaco per una città sconosciuta e due fratelli altrettanto sconosciuti. Michaela viveva con noi, era stata cresciuta da papà, anzi dai nonni, poiché la madre era morta mettendola al mondo.

Rafael invece avevo scoperto viveva a Sydney con sua madre, fino ad allora ancora non lo avevo conosciuto. Se ben avevo capito era più o meno coetaneo di Michaela.

Sospirai tornando alla realtà, mio padre ci chiamava, così io e mia sorella lo seguimmo nella sala adibita per la cena, durante l'aperitivo potevo sentire mio padre e mio nonno che discutevano di politica con il senatore e Thompson.

Lanciai uno sguardo al mio migliore amico e poi alla sorella che teneva per il braccio. Se c'era qualcuno che riusciva a tenere a freno Heidi era proprio London. Quella sera in un vestito di alta classe nero e i capelli ricci stirati, sembrava più grande. Sicuramente era tutto studiato nei minimi dettagli da Manila Thompson. Alla cena oltre noi c'erano anche gli Hoffman che guarda caso avevano un figlio di circa venti anni e destinato a ereditare l'impresa navale del padre. Sarebbe stata una bella unione semmai Ronald fosse riuscito a sposare Heidi... anzi no, Adelaide Thompson. I padri avrebbero fuso le società e io... io avrei perso la mia Heidi. Non la immaginavano proprio a fare la padrona di casa, dedita a ricevere gente come sua madre o come Hannah Jenkins.

No! Non volevo che Ronald toccasse Heidi assolutamente, che coprisse le spalle nude e che scompigliasse i capelli ordinati. Tanto in quel caso avrebbe sempre avuto delle attenzioni, le mie!

"Gabriel, il senatore ti ha chiesto come procedono gli studi." Mi sentii dire.

Mi voltai verso mio padre e il senatore e sorrisi. "Benissimo direi. Quest'anno parto per un master alla filiale di Monaco e al mio ritorno oltre che iniziare a lavorare prenderò anche un master alla Harvard bussines school." Risposi fiero dei risultati ottenuti con la mia fresca laurea in economia aziendale.

"Decisamente ce l'hai nel sangue. Parlavo proprio con mia nipote Kristin dei tuoi successi, in questi giorni ci raggiunge e a Los Angeles. Ma appena rientra potreste discutere insieme di economia, sarebbe interessata a conoscere meglio questo mondo."

Fissai il quasi senatore, rappresentante alla camera, e annuii. Conoscevo Kristin e quello che comprendeva di economia era come farla girare. Ovvero spendendo ovunque! Jenkins voleva accasarmi con sua nipote, eppure doveva aver capito che non ero stupido. "Non vedo l'ora, anche se credo se ne parli fra un anno circa. Io e London partiremo in vacanza per festeggiare le nostre rispettive lauree, tra due giorni e al mio rientro mi aspetta il viaggio per Monaco dove come dicevo resterò almeno sei mesi." Se non di più, pensai ricordando le schiere di ambiziose arrampicatrici sociali che avrei ritrovato a Boston. "Ne sono rammaricato."

"Andiamo! Ci sarà tempo per incontrarvi tutti e due, potremo organizzare qualcosa poco prima che parti figliolo." Asserì mio padre.

Lo osservai scettico e annuii. Eravamo ad una serata pubblica, ma al rientro a casa mi avrebbe sentito. Lui non poteva intromettersi nella mia vita, soprattutto quella privata. Lui che si era sposato a cinquant'anni non poteva venire a farmi poi nessuna paternale.

Presi un bicchiere di champagne dal cameriere che ci passò di fianco e mi allontanai nervoso. Quella storia non mi piaceva, questa serata non mi piaceva.

Raggiunsi Heidi e lanciai uno sguardo in cagnesco a Ronald Hoffman che stava carezzando la schiena nuda di lei con le sue viscide mani.

Il giovane Hoffman ovviamente subito capì che qualcosa non andava perché iniziò a balbettare. "Se-sera Ga- Gabriel!"

"Buonasera Ronald." Lo salutai sicuro di me per poi sorridere a Heidi e renderle il braccio. "Andiamo a tavola?" Le chiesi, se era vero che quella serata aveva più scopi era vera una cosa anche.

Se mi mettevo in testa una cosa nessuno poteva impedirmi di raggiungerla. Così arrivati al lungo tavolo lasciai la mano alla mia amica e andai alla ricerca dei segnaposti spostando il nome di Chester vicino quello di Ronald e quello di Adelaide tra il mio e quello di London.

La mora seguì tutte le mie mosse poi quando capì ciò che avevo fatto mi afferrò per il braccio per attirare la mia attenzione. Io mi voltai e nel farlo vidi che mi sorrideva grata. Al che anche io fui grato, ringraziai Dio perché compresi che ad Heidi la presenza di Ronald risultava sgradevole.

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