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4- BELLE

I paesaggi naturali della Scozia mi passarono tutti davanti eppure io non avevo occhi che per il ragazzo seduto al mio fianco nel taxi.

Rivedere Peter, stringerlo, e riempirmi le narici del suo profumo era la cosa migliore che mi fosse successa negli ultimi mesi. Mi era mancato davvero tanto ed ero convinta che anch'io fossi mancata a lui.

«Non ti è passato eh?»

«Che cosa?» avevo replicato sbattendo le palpebre.

«Il fatto che ti incanto a guardarmi ogni volta.»

Arrossii. Le guance mi si accaldarono e le immaginai rosse come il colore dell'amore più profondo, più vero.

«Mi piace guardarti. Sei bello. E poi è un sacco che non lo faccio.»

E lo avrei continuato a fare per tutto il tempo se solo ne avessi avuto la possibilità.

«Ti ringrazio sorellina.» fu, invece, la sua risposta.

Sorellina...una sola parola ma in grado di bruciarmi l'anima.

Era così che Peter mi vedeva e che mi aveva sempre vista. Io ero per lui la sorellina che gli andava sempre dietro e che gli stava attaccata al sedere come una cozza.

Per la prima volta mi domandai se avesse mai provato o provasse fastidio nell'avermi intorno e il solo pensiero mi fece male allo stomaco. Io non desideravo essere per lui un peso. Io volevo che lui Peter sentisse il bisogno di me come io lo sentivo per lui.

Lo osservai ancora. Stava digitando qualcosa sul telefono e sorrideva di sbieco ma di gusto. Fui presa da un attacco di gelosia.

Non era difficile capire con chi stesse messaggiando, a chi stesse regalando quei momenti che, al contrario, avrebbe dovuto condividere con me visti mesi e mesi di lontananza eppure, lui mi parlò appena e per tutto il viaggio non si staccò una sola vita da quell'aggeggio infernale.

A quanto sembrava, Wendy rappresentava ancora una sua assoluta priorità mentre io...io non avevo idea di che ruolo ricoprissi nella sua vita.

«La tua ragazza come sta?» gli chiesi spezzando un silenzio che, a mio parere, stava già facendo piuttosto rumore.

Peter mi guardò con i suoi occhi che avevano il potere di sciogliermi sempre e mi sorride come se chiedergli di lei fosse la cosa che più lo rendeva felice.

«Sta alla grande.»

«Studia anche lei alla Saint Jules, vero?»

Glielo domandai ma sapevo già la sua risposta.

«Sì, è così.»

Mi limitai ad annuire e l'abitacolo si riempì di altro silenzio che, però, questa volta non avevo nessuna intenzione di colmare.

Voltai la testa verso il finestrino e ammirai il panorama. Non sapevo quanto mancasse né quanto fosse distante l'università ma all'improvviso sperai che facessimo in fretta. Tutta quell'attesa di vederlo, tutta quella felicità, per poi non ricevere da lui altro che uno sguardo fugace e un paio di parole.

***

La Saint Jules era esattamente come me l'ero immaginata. Nelle settimane precedenti avevo fatto qualche ricerca circa quel luogo e, da subito, ne ero rimasta affascinata.

Le mura che ospitavano l'università erano quelle di un antico castello. L'affacciata in mattoni scuri era abbellita da rampicanti che da terra si alzavano verso l'alto, arrivando fino al tetto.

Cupole appuntite e statue di gargoyle di marmo dominavano tutto dall'alto conferendo alla struttura un'aria antica e suggestiva e a tratti spettrale.

L'architettura in stile gotico richiamava ambientazioni di racconti tetri, macabri e intriganti.

Mi sembrò tutto surreale e bellissimo. Stentavo a credere che da quel momento io avrei vissuto lì.

«Ti accompagno dal rettore Ingerman che ti darà tutte le informazioni necessarie poi ti lascio e magari ci vediamo più tardi.»

Mi voltai a guardare "mio fratello" e lo trovai assente, desideroso di andare via. La cosa mi fece male e mi fece arrabbiare. Era chiaro e piuttosto palese il fatto che di me gliene fregasse poco e che non gli fossi mancata per niente.

Nella testa, nel cuore e nell'anima di Peter non c'era posto per me, non c'era posto per nessun altro che non fosse Wendy. Cercai, dentro di me, di capirlo dopotutto era innamorato e felice e sapere che era così che ci sentiva quando amavi qualcuno non faceva altro che conviermi del fatto che io lo amavo da sempre.

Quella trepidazione che vedevo in lui era la stessa che provavo io. Solo che la mia non era ricambiata e mai lo sarebbe stata.

«Non serve che mi accompagni, Peter. Sono certa di essere in grado di farlo da sola. Non voglio farti perdere altro tempo.»

Lo dissi in maniera del tutto sincera ma il tono che mi uscì sottolineava un certo fastidio.

«N-non mi stai facendo perdere tempo, Belle, è che io...»

Sospirai.

«Va' pure da lei, io me la caverò.»

E la cosa più umiliante, snervante e avvilente fu il fatto che Peter mi ascoltò. Non fece nemmeno lo sforzo di insistere. Mi mollò lì, ai piedi di un portone enorme in ottone defilandosi del tutto.

Avevo le mani che tremavano e sentii l'esigenza di piangere. Riuscii in qualche modo a trattenermi.

Non era quello che avevo immaginato. Non era così che andavano le cose nella mia testa. No, nella mia mente si erano susseguite le immagini di Peter felice del mio arrivo, che mi teneva la mano, che mi raccontava delle meraviglie di Saint Jules, e che mi ripeteva di continuo quanto gli fossi mancata e quanto aveva aspettato che fossimo di nuovo insieme.

Scontrarsi cona realtà fu duro e crudele. Tutto quello che sentivo, tutto quello che vedevo, tutto era solo nella mia testa e magari per lui ero solo una presenza fastidiosa come il ronzio di un insetto, arrivato a minare la quiete.

Mi feci forza e mi addentrai verso il lungo corridoio.

I soffitti erano alti e le applique alle pareti illuminavano di un giallo tenue tutt'intorno.

Dipinti e quadri di ogni tipo erano posizionati con cura, così come le statue raffiguranti figure mitologiche e donne bellissime.

Cercai qualcosa che potesse aiutarmi a orientarmi lì dentro e fui felice quando trovai una mappa sopra su leggio di leggio di scuro. Tirai fuori il telefono e la fotograi per sicurezza poi, proprio come indicato dal pezzo di carta, raggiunsi le scale diretta al primo piano dove si trovava l'ufficio del rettore.

Bussai piano ed entrai solo dopo che ebbi l'autorizzazione a farlo.

L'ufficio del rettore Ingerman era esattamente come quello che avevo visto finora: elegante e antico. Il legno era il materiale predominante anche lì sulle pareti era un'alternanza di quadri e lampade.

«Buongiorno, signorina Tinker, aspettavo il suo arrivo. Suo padre mia aveva messo al corrente del fatto che era previsto giusto per oggi.»

Suo padre.

Era curioso che avesse trovato il tempo per telefonare al rettore e che al contrario a me non avesse lasciato niente, solo un misero messaggio di buon viaggio fatto recapitare da Milly, e che a quel punto non ero sicura fosse poi così vero.

«Il viaggio è andato bene?»

«Sì, benissimo, grazie.»

Mi fece cenno di sedermi su una delle due poltrone di pelle nera poste davanti l'imponente scrivania e io optai per quella sulla sinistra.

«Allora, signorina Tinker, questo qui è l'orario delle sue lezioni.» continuò passandomi un foglio bianco con su scritto orari, materie e aule «Mentre queste sono le informazioni circa la combinazione del suo armadietto, gli orari della mensa e il numero della sua stanza, e il nome del suo tutor.»

Presi tra le mani anche quelli.

«Siamo davvero molti lieti di ospitare e partecipare alla sua formazione qui a Saint Jules e siamo certi che si troverà bene.»

A quanto sembrava la conversazione era giunta al termine e a quel punto mi mancava soltanto trovare la mia stanza.

Mi alzai ringraziandolo e stringendogli la mano. Uscendo dall'ufficio mi misi subito alla ricerca del dormitorio che scoprii essere fuori da quell'edificio e dentro un'altra ala del castello.

Camminai un po' prima di trovarlo e in tutto il tragitto vidi una marea di studenti in divisa impegnati in svariate attività.

Il dormitorio femminile è nel polo opposto rispetto a quello maschile. Alla Saint Jules ci tenevano particolarmente per il decoro e soprattutto tenevano nel non incitare gli studenti a comportamenti sconvenienti.

Salii due rampe di scale prima di trovare finalmente la mia stanza.

Aprii la porta e mi infilai dentro aspettandomi di essere da sola e invece scoprii subito che non era affatto così.

«Ciao, tu devi essere Belle, io sono Jodie.»

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