L’alba di un amore (Keller Saga)
Riepilogo
I Keller sono una grande famiglia di Boston. Ma Thomas il capostipite prima di raggiungere la felicità ha dovuto superare molti ostacoli.
Capitolo 1
Londra dicembre 1989
Ero figlia dei Visconti di Shaftesbury, mio padre uno dei discendenti degli Ashely Cooper però non verteva in buone acque.
Fallimento. Così lo aveva chiamato mamma. Per quanto fossimo di origini nobili, sia mamma che papà, la mia famiglia era fallita. Il lavoro di papà con i suoi investimenti sbagliati, ci aveva portato sul lastrico. Le nostre priorità col tempo erano state ipotecate tutte quante e a noi non restava più nulla. Almeno fino a quando Andrew Davis uno dei soci della London Bank non mi aveva vista in banca per firmare una proroga del debito. I miei genitori infatti stavano impegnando la mia eredità, il mio titolo di viscontessa, il palazzo a Richmond lasciatomi da mia nonna Gwendolyn Ashely Cooper, tutto ciò che possedevo solo perché ormai avevo diciotto anni e potevo ripagarli dei sacrifici fatti per me in quegli anni. La migliore scuola privata dalla nascita fino al college. Non potevo pensar di laurearmi, assolutamente. L'università non era contemplata, troppo costosa! Ma avevano pagato fior di sterline per istruirmi ed era necessario che anche io facessi il mio! Che ci mettessi tutta la mia eredità in quella situazione.
Eravamo lì nello studio di Lincoln Smith, Andrew Davis entrò per testimoniare la proroga del debito. Io avevo lo sguardo basso, non mi interessava di conoscere gente, per me i banchieri altri non erano che i miei giustizieri, per qualcosa che per giunta non avevo fatto.
Alzai lo sguardo solo perché mi sentii fissare con insistenza. Andrew doveva avere intorno ai trent'anni, capelli e occhi castani, pelle chiarissima, guance infossate e un naso aquilino. Mi guardava e sorrideva con le sue labbra sottili intanto che lo sguardo scendeva sul mio giovane corpo. Mi percorse un brivido, sapevo di essere una bella ragazza, pelle color miele, occhi azzurri proprio come il mio nome, Sapphire, capelli biondi dorato. Il fisico era minuti e snello, i seni ancora acerbi non erano comunque piccoli. Sii, sapevo di essere una bella ragazza.
"Questo è quanto!" Concluse di leggere Smith. Io ingoiai il groppo, dovevo firmare.
Mi tremava la mano, ma potevo farcela.
"Ci sarebbe un'altra soluzione." Intervenne Davis prima che io firmassi.
"Sarebbe?" Chiese mio padre.
Lui annuì. "Chiamiamo mio padre che è uno dei soci maggioritari della London Banks, Smith Leo resti pure qui, così avremo dei testimoni per sigillare il patto." Disse lui alzando la cornetta per digitare un interno.
"Posso confermare che Davis ha la liquidità necessaria per estinguere il vostro debito. Suo padre è marito di uno dei padri fondatori della London Bank." Spiegò Smith ai miei.
Intanto la porta si aprì lasciando entrare un uomo anziano simile a Davis.
"Mi avete fatto chiamare?" Chiese l'uomo vestito con un abito di alta sartoria.
"Si padre. Pensavo di assorbire io personalmente tutti i debiti dei Visconti di Shaftesbury." Annunciò Davis.
L'uomo senza presentarsi prese la cartella che il figlio gli porgeva e la lesse distratto. "A che pro? Non ci vedo guadagni." Asserì, notai che Smith faceva una smorfia, erano coetanei e soci quindi dovevano conoscersi molto bene.
"Io guadagnerei il titolo di visconte e le loro proprietà diventerebbero mie." Disse il figlio al padre.
"Non si prende un titolo nobiliare pagando un debito." Disse secco Smith.
"Infatti direi che un matrimonio sia un buon accordo." Rispose cinico Davis.
Un matrimonio?! Mi sentii gelare ripensando allo sguardo lascivo di Davis, preferivo di gran lunga essere povera. Mi alzai prendendo la cartella di mano al vecchio Davis. "Dove devo firmare?" Chiesi frettolosa a Smith.
"Accettiamo." Disse invece mio padre.
Assolutamente no! Pensai."Firmo!" Ripetetti a Smith.
"Edward!" Sentii mia madre richiamare papà.
"Sapphire ha compiuto diciotto anni il 18 novembre. Può convolare a nozze, ditemi dove e quando." Disse ancora mio padre.
"Padre!" Sussurrai.
"Edward!" Lo ammonì mia madre.
"È uno scambio equo." Disse ancora mio padre.
"H-ha quasi vent'anni più di me." Sussurrai tremante. Non volevo, ero una ragazza e avevo frequentato una scuola femminile. Volevo innamorarmi e vivere tutte le esperienze della mia età.
"Ho solo trent'anni Lady Sapphire." Ironizzò il banchiere.
"Ci sto!" Disse ancora mio padre.
"Non servirebbe a nulla se tu continuerai a indebitarti." Intervenne mia madre. Che razza di finanziamenti faceva papà per continuare ad andare ancora più in declino?
"Mi farò consigliare. Così però non perderemo la casa a Londra, né il palazzetto del Surray. E inoltre nostra figlia farà un buon matrimonio." Rispose papà.
Mi stava vendendo, mio padre mi stava vendendo come un sacco di farina. "Quando preferite ci sia il matrimonio?" Chiese ancora ai banchieri.
Andrew Davis sorrise avvicinandosi a me. Mi prese una ciocca di capelli guardandomi lascivo, un conato mi salì alla gola. "Sarà bellissima con un vestito che dia valore alle sue forme. Direi all'inizio dell'estate, pubblicheremo il matrimonio in primavera."
Stavano facendo tutto senza il mio consenso. Ma non avevo firmato, avevo ancora i miei soldi, la mia proprietà. Potevo rifiutare quell'accordo.
"Ovviamente come garanzia geleremo il conto di Sapphire e metteremo i sigilli anche alla sua proprietà." Disse Andrew. "Diciamo che è una garanzia perché lei non si lasci andare al suo vizietto visconte. Pagherò io per i preparatovi del matrimonio e per il vestito di Sapphire, ho già in mente come dovrà essere." Concluse Davis.
I miei genitori parlavano senza che io potessi dire nulla, avevano deciso e nessuno sembrava tener conto della mia opinione.
L'unica che sembrava dispiaciuta da tutto ciò era sembrata mia madre. Ma adesso anche lei contrattava. Sarebbero andati a stare nel Surray lontano dalle tentazioni, avrebbero ridotto tutte le loro spese. Era importante che non perdessero la faccia e il titolo e le loro tante amare proprietà.
Eppure potevano perdere la loro unica figlia!
Rincasata quella stessa sera mi disperai, chiesi ai miei di ripensarci, avevano le mie priorità e i miei soldi in garanzia.
"Tu non capisci. Sei un'ingrata, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per te." Mi urlò contro mio padre.
"Mi stai vendendo padre! Ha diciassette anni più di me, è un uomo!" Lo supplicai.
"Un buon partito. Vedrai che starai bene." Concluse.
"Madre ti prego. Non puoi farmi questo..." provai ancora in lacrime.
"Sai che ci è precluso piangere Sapphire." Mi disse rigida mia madre. "Adesso vai a dormire, domani conosceremo Andrew e i suoi genitori in un pranzo al Hilton organizzato dal tuo sposo. Dovrai essere bella." Concluse anch'ella.
Mi accorsi che non c'era via di uscita. Tutto questo perché mio padre non faceva i giusti investimenti, poi cosa doveva investire un golfista professionista non lo sapevo.
Il giorno dopo come promesso fummo a cena con i Davis, la signora Davis mi guardava con pietà. Sapeva a cosa andavo incontro? Non lo so.
Ma iniziò a frequentare casa nostra per preparare il matrimonio, fino a quando un giorno non restammo solo io, mia madre e lei in casa.
La donna mi passò una busta, non sapevo cosa conteneva. Furono però le sue parole a sorprendimi. "Mio figlio ha seguito gli insegnamenti di mio marito, si è cercato un buon partito per i suoi affari. Ma non sono bravi, né mio marito a tenere i conti, né Andrew a investire su ciò che ha. Ciò che prenderà da te avrà valore immobiliare e non solo, sei una nobile. Ciò che posso consigliarti è di vivere la tua gioventù finché non sarai sua moglie.
In quella busta avrai qualcosa con cui vivere, quando lo finirai tornerai per sposarti, sta a tua madre inventare una scusa plausibile per la tua scomparsa." Disse la donna con distacco. "Non è giusto che tu paghi per i debiti di gioco di tuo padre, ma spesso e volentieri si riservano sempre sui figli e me ne dispiace. Quando sarai sposata comportati bene con Andrew e dopo aver avuto il tuo corpo fresco ti farò vedere che si stancherà e ti lascerà in pace." Concluse mettendosi il girocollo di pelliccia intorno al collo. "Ci rivediamo alle pubblicazioni del matrimonio allora, buon viaggio."
Gelai, non riuscii neanche a ringraziarla. Debiti di gioco? Era così che tutta la nostra eredità era andata via? Per dei debiti di gioco? E io dovevo sacrificarmi?
Mia madre aveva chiuso la porta e mi stava guardando. "Dirò a tuo padre e a Andrew che raggiungi mia zia nel Sussex. Tu vai via per un po', hai ragione quando dici che sei giovane e meriti di amare, trova il tuo amore quindi. Se riuscirai a trovare un lavoro, potrai vivere lì fuori per molto più tempo di ciò che pensa Elisabeth Davis."
"Perché resti con lui... ti ha portato in rovina?" Le chiesi.
"Perché nonostante tutto lo amo ancora." Mi rispose. "Ha detto si farà aiutare, andremo da uno psicologo, vedremo come muoverci." Concluse.