

Capitolo 3
POV DI MANUEL
Tornato a casa all’alba, mi svegliai con un enorme mal di testa, cosa che non succedeva spesso, ma oggi l’unica cosa che volevo fare era dormire tutto il giorno.
Nonostante il sole cercasse di penetrare attraverso il soffitto di ventro della mia camera, restai a letto.
Non sapevo che ora fosse e neanche mi interessava, l'unica cosa che desideravo, era tenere gli occhi chiusi e rilassarmi nelle mie morbide coperte; ma come ogni fottuta cosa nella mia vita, c'era sempre qualcuno che doveva rompermi i coglioni.
Improvvisamente un rumore assordate mi fece sobbalzare, qualcuno bussò forte alla porta della mia camera.
Chi diavolo era? Chiunque fosse, adesso era un uomo morto. Avevo dato ordini ben precisi, non volevo essere disturbato, cazzo!
I colpi alla porta continuarono rendendomi furibondo.
Chi cazzo osava rompere le palle di prima mattina?
“Manuel…alzati bastardo.” Sentii urlare.
Mi stropicciai gli occhi con una mano.
Oh, bene! Proprio quello che mi serviva. La mia giornata non poteva inziare meglio di così.
“Manuel…” Continuò ad urlare e bussare forte.
Solo una persona aveva una voce così irritante.
“Spero che tu abbia le mutande addosso…sto per entrare.” Disse ridendo e dopodichè la porta si spalancò con un tonfo.
“Vaffanculo Achille…la prossima volta ti pianto una pallottola nel culo.” Sputai irritato, ero stanco e volevo dormire.
“Hey amico stai calmo…Andiamo, i tuoi padri mi hanno detto di portarti alle White Corporation entro le 9:00.” Disse cambiando atteggiamento.
Disteso ancora a letto con gli occhi chiusi mi massaggiai le tempie.
Dannazione, lo avevo proprio dimenticato, ma oggi non avevo voglia di nulla, soprattutto andare in ufficio.
“Hai meno di mezz’ora per prepararti…” Disse aprendo le tende e urlando dritto nelle mie orecchie.
“Ok…ok…però abbassa quella dannata voce e prendimi qualcosa per il mio mal di testa.” Borbottai annoiato.
Difficilmente mi svegliavo con i postumi di una sbronza, ma lo stess delle ultime settimane aveva davvero giocato molto con il mio sistema nervoso e questo non era sicuramente un dato positivo per un caso patologico come me.
"Tieni, prendi queste."
Mi tirai su e mandai giù un atidolorofico.
"E cosa mi dici di queste?" Chiese idicando il flacone con le mie pillole.
"Non le prendo più...non ne ho bisogno..."
Beh forse dovevo prenderle, ma poi come avrei mai potuto vivere senza la mia parte psicopatica?!
Scherzi a parte, se volevo sopravviere nel mondo degli affari, avevo bisogno del mio temperamento, no tenerlo a bada.
"Tua madre non ne sarà contenta..." Mormorò Achille sedendosi ai piedi del letto.
"Mia madre non è un medico, io si.." Dissi annoiato.
Gli lanciai un'occhiata minacciosa e poi andai in bagno a fare una doccia.
Per quanto detestassi i consogli inutili di Achille, non potevo fare a meno di lui, era il mio braccio destro, un bastardo senza scrupoli nonché il mio miglior amico e l'unico uomo del quale mi fidassi.
Ci conoscevamo da sempre e per questo motivo faceva bene il suo lavoro.
Quando si trattava di affari non avevo bisogno di parlare, lui sapeva leggere perfettamente le mie intenzioni.
Come me, era un uomo dal sangue freddo ed aveva il grilletto facile, ma aveva una sola pecca; al di fuori degli affari aveva una gran bocca aperta e sapeva sempre come rompere le palle.
“Sbrigati…non voglio essere torturato dai tuoi padri.”
Per quanto fosse un assassino spietato e non avesse paura di nessuno, c’erano solo poche persone che Achille temeva, e tranne me, una di queste erano i miei padri. Come biasimarlo.
Tutti, tranne io e ovviamnete mia madre si pisciavano nelle mutande solo a sentire i loro nomi.
Le nostre personalità erano molto simili ed era colpa loro se ero così; almeno era quello che diceva sempre mia madre.
Loro avevano creato il mostro in me ed era per questo che non sono mai riusciti ad intimorirmi; le uniche volte che mi sono piegato alle loro richieste era perché lo volevo ed avevo interesse a farlo, farei qualsiasi cosa per il potere.
*****
"Fa maladettamente caldo qui dentro, fa accendere l'aria condizionata..." Borbottai cercando di allentare il colletto della camicia con un dito.
Achille annuì ordinando a Derek di fare ciò che avevo detto.
“A quanto pare hai fatto incazzare un po' tutti…” Disse Achille ridendo sotto i baffi.
“Non mi importa, quel bastardo aveva bisogno di una lezione.” Risposi sorseggiando il mio whisky.
“Non dovresti bere così presto…Tua madre non ne sarebbe felice…”Mormrò con un ghigno e poi guardò fuori dal finestrino.
“E tu dovresti farti i cazzi tuoi…” Sputai lanciandogli un’occhiata assassina.
Mia madre, mia madre, mia madre, Achille parlava sempre di mia madre come se fossi un bambino, non avevo bisogno delle sue ramanzine da scolaretti e poi tirare fuori mia madre di prima mattina non era il mio argomento preferito.
Non fraintendetemi, adoravo mia madre, era una donna con le palle che teneva testa a due uomini potenti.
Era stata così forte da aver superato anche la morte o meglio, come diceva lei, neanche la morte l’aveva trattenuta perché era una gran rompi scatole.
E si, a causa del suo modo di ficcare il naso spesso litigavamo.
Sapevo che ai suoi occhi ero sempre quel bambino e a causa del mio piccolo disturbo cercava di monitorare la mia vita circondandomi di spie come Achille.
“L’alcol non aiuta la tua condizione.” Disse Achille.
La mia condizione? Che condizione? Pensai ridendo tra me e me.
“Paura che questo psicopatico ti pianti una pistola in bocca?” Lo guardai inarcando un ghigno malefico.
Si, durante l’adolescenza avevo sviluppato IED ovvero disturbo esplosivo intermittente. In poche parole tendevo ad avere scatti d'ira e soffrivo di aggressività.
Beh, patologia probabilmente ereditaria, i miei padri non erano da meno, anzi, mostravano sintomi molto evidenti, ma non vedevo nessuno rompergli le palle costantemente.
“Sei davvero un caso umano…” Disse roteando gli occhi.
Risi sapendo che stava dicendo la verità.
Ero un fottuto pazzo e non mi importava di nulla.
“Signore siamo arrivati…”
L’auto si fermò e Derek ci aprì la portiera.
Mi sistemai la giacca e varcai le grandi porte girevoli della White Corporation.
Gli occhi di tutti erano puntati su di me, qui ero la star e gli impiegati facevano a gara per entrare nelle mie grazie.
Ignorando tutti rigai dritto.
“Hai visto la nuova receptionist?” Chiese Achille punzecchiandomi con il gomito.
Ovvio l’avevo vista. Era una fottuta bomba sexy, ma era anche la figlia di uno dei vecchi architetti e in tutta onestà non mi piaceva mischiare affari e piacere. Lo lasciai parlare ma non risposi.
“Credo di aver bisogno di una nuova card magnetica, forse la bella bruna può aiutarmi…” Mormorò Achille sghignazzando.
“La tua card funziona alla perfezione…lascia in pace la ragazza e concentrati sul lavoro di oggi…” Dissi serio.
“Noioso, zero divertimento…” Borbottò tra i denti.
Evitai di rispondere e mi diressi verso l’ascensore, avevo fin troppi cazzi per la testa e non avevo tempo per le conquistare amorose di Achille.
“Hai già un piano?” Chiese mentre attraversavamo la porte dell’ascensore.
“Prima vediamo cos’hanno da dire…” Borbottai pensieroso.
Non avevo la più pallida idea di come avrei risolto questa situazione e sinceramente non me ne frega più di tanto.
Quando varcammo la piccola hall dell'ultimo piano vidi la nuova segreteria.
“Guarda chi c’è lì.” Disse Achille indicando con il mento.
Oh, Rita la ragazza del REX. L’avevo conosciuta durante una delle serate al locale. Inutile aggiungere i dettagli, ma potevo dire che conoscevo la ragazza intimamente. Qualche giorno dopo al nostro incontro si era presentata alla White Corporation e con mia sorpresa i miei genitori avevano assunto una giovane ragazza.
La vecchia Marta era eccellente, ma ormai era arrivato il momento di ritirarsi.
Rita era sexy ma anche molto intelligente e sapeva fare bene il suo lavoro.
Le lanciai un bel sorriso e lei subito ricambiò. La ragazza sapeva esattamente cosa si nascondeva dietro il mio ghigno. Nelle ultime settimane me l’ero scopata una dozzina di volte ed oggi volevo prenderla di nuovo. Non era un granché, ma era sempre una buona idea avere un anti stress a portata di mano.
Ovviamente Rita era l’unica eccezione di lavoro e piacere combinato, in fin dei conti non ero stato io ad assumerla.
Mi diressi verso la porta dell’ufficio dei miei padri ed entrai senza bussare.
“Sei uno stronzo…” Sputò Erik.
“Buongiorno anche a te papà” Dissi rilassato camminando fino alla sua scrivania, mentre Achille restò di guardia alla porta non osando attraversare l'ufficio. Mi sedetti di fronte a mio padre accavallando le gambe mentre mi accendevo una sigaretta.
“L’accordo è saltato Manuel…Cosa cazzo ti è venuto in mente?” Chiese infuriato mentre si alzava facendo il giro della scrivania.
Camminava come un pazzo e si passava continuamente le mani sul viso.
“Hai sparato al figlio di Damian Russof…Hai perso il cervello?…Fortunatamente è ancora vivo” Mio padre urlava, era fuori di sé.
Non diedi importanza alla sua scenata isterica, sapevo benissimo che il bastardo era ancora vivo.
“Ha cercato di fottermi…” Replicai annoiato mentre continuavo a fumare.
“Cosa credi che sia, un'idiota? So benissimo quello che sta facendo quel fottuto pezzo di merda, sta cercando di fotterci tutti, ma io non sono diventanto quello che sono regalando caramelle.” Disse continuando a camminare chilometri. Dio, quest'uomo quando era incazzato non sapeva stare un secondo seduto, ma fermandosi improvvisamente fissò la libreria. Cosa gli era successo? Aveva esaurito le batterie? Restò lì fermo come se stesse pensando a qualcosa di davvero losco. Conoscevo mio padre fin troppo bene da sapere che aveva sicuramente un piano e come al solito stava cercando solo di creare un po' di suspance.
"Sputa, papà..." Dissi roteando gli occhi. Quanto tempo gli occorreva per recapitare il messaggio?!
"Damian e suo figlio sono nella merda, ci devono centinai di migliai di dollari..."
"Un milione per l'esattezza..." Rispose Alexander dall'angolo del divano.
Con l'angolo degli occhi lo guardai e la sua espressione compiaciuta confermava che questi due diavoli avevano qualcosa in mente.
"Con un milione di dollari mi pulisco il culo, ma ciò non toglie che voglio il mio denaro." Continuò Erik.
"Ho fatto delle indagini ed ho scoperto che non solo è indebitato con noi ma anche con i Fisher e con il fisco. I Fisher gli hannno già portato via qualche hotel, mentre il fisco ha cercato di bloccare tutti i suoi conti e le attività, ma quel bastardo ha agito celermente assegnando tutti i suoi beni e diritti del porto ad un solo erede, sua figlia."
Storia interessante, ma comunque non risucivo a capire come avremmo preso i nostri soldi e il monopolio del porto, ammenochè...
Sghinazzando guardai mio padre alzando brevente gli occhi per capire se stessimo pensando alla stessa cosa, beh, non so lui, ma io ero pronto a far fuoco.
"Che cazzo hai da ridere?" Chiese allargando le narici e respirando con rabbia. Oh il grande Eirk era incazzato sul serio?!
“Vuoi che mi prenda cura della ragazza?” Chiesi alzando un sopraccioglio e tirando fuori la pistola e accarezzando la canna. Vediamo se la mia reazione ha qualche effetto.
Beh non mi piaceva fare del male agli innocenti, sporattutto ad una donna, ma potevo sempre spaventarla, un po' come avevo fatto con suo fratello.
Alla mia affermazione mio padre mi fissò, ma il suo sguardo quasi assente non trapelava nessun indizio e questo non mi lasciava capire il suo piano.
Dalla sua posizione Erik spostò gli occhi su Alexander ed entrambi annuirono, cazzo, odiavo quando facevano così. Ogni volta sembrava che stessero comunicando telepaticamente. Gemelli, valli a capire.
Restai a guardarli senza espressioni, il loro comportamento non mi intimidiva e né tanto meno mi preoccupava, anzi mi eccitava.
Spezzando il loro contatto visivo, Erik iniziò ad avvicinarsi.
“Non puoi andare in giro ad ammazzare tutti, e la ragazza è la chiave per tutto, quindi se fossi in te metterei a riposo la tua pistola e aprirei bene le orecchie...” Si fermò davanti alla sua scrivania e si accese una sigaretta.
“Adesso ascoltami bene…farai tutto quello che ti dico…” Disse predendo una boccata.
Lo guardai curioso mentre rilassavo le spalle contro la poltrona e finivo la mia sigaretta. Vediamo un po' cos’avrebbe tirato fuori dal cappello.
“Damian ha una figlia di 24 o 25 anni non ricordo bene, comunque questo non è il punto, ho combinato un matrimonio con lei.” Disse serio.
“Ok…perfetto.” Risposi annuendo, poi mi piegai in avanti verso la scrivania per spegnere il mozzicone nel posacenere.
Ritornando alla mia posizione comoda, intrecciai le dita sullo stomaco pensando che l'idea non era male. La ragazza sarà perfetta per mio fratello Jack, avevano più o meno la stessa età.
“Come garanzia che ci fornirà tutti i dati relativi agli scambi portuali e al saldo del suo pagamento, sposerai sua figlia.” Disse fissandomi.
Salati dalla poltrona. Cos’aveva detto? Sposarmi? Io? Come poteva pensare ad una stronzata del genere?
“Non ho intenzione di sposarmi, e poi, perché dovrei sposarla io? … È una mocciosa, dalla a Jack.” Dissi annoiato.
“Tu hai combinato questa merda, non Jack.” Sputò mio padre.
“Scordatelo…Non voglio sposarmi…Non mi basta una donna.” Dissi ridendo. Non ero uno tipo da matrimonio.
“Non mi interessa quello che farai con lei…se vuoi scoparti le tue puttane non sono affari miei…sposala adesso, poi ci libereremo di lei in qualche modo.” Disse accigliato.
Fissai mio padre pensieroso e aspettai che continuasse.
Questa storia stava diventando troppo intrecciata e questa volta non mi lasciava molta scelta.

