Capitolo 9
"Tossisci, tossisci!"
Valeria era completamente impreparata alla domanda improvvisa di Aitor e si strozzò subito con l'acqua, tossendo violentemente.
"Fai attenzione". Rispetto al panico di Valeria, Aitor si limitò a massaggiarle la schiena con calma.
Valeria alzò gli occhi in preda al panico e vide che anche Aitor si guardava, per poi vedere il suo sguardo abbassarsi leggermente sul mento rosso e gonfio.
Così dura.
Aitor prese subito la crema dall'armadietto dei medicinali sul comodino, la spremette sulla mano e la applicò sul mento rosso e gonfio di Valeria.
Un tocco fresco come la seta sul mento, Valeria, che guardava ancora Aitor con una certa cautela, esitò prima di parlare finalmente: "Come fai a sapere di Vicente?".
"L'hai gridato tu stessa mentre sognavi".
Valeria si bloccò, poi si ricordò che solo allora, nella sonnolenza, aveva sognato quello che era successo due anni prima.
I suoi occhi si scurirono involontariamente e, prima che Valeria potesse pensare a una risposta, Aitor parlò di nuovo, senza un attimo di esitazione.
Valeria, non mi interessa quello che ti è successo in passato. Ma voglio che tu capisca che ora sei mia moglie, e a me non piace che la mia donna abbia il nome di qualcun altro sulle labbra".
Aitor lo disse con poca emozione nella voce, ma le orecchie di Valeria percepirono un inconfondibile senso di dominio.
Soprattutto gli occhi scuri di fronte a lui, apparentemente calmi, ma profondi e cupi, Valeria non era assolutamente in grado di leggere le emozioni sottostanti.
A questo punto Aitor finì di applicare la medicina a Valeria e Valeria abbassò gli occhi: "Grazie".
"Non c'è bisogno". Aitor mise via l'unguento con uno sguardo divertito: "Non mi piace l'idea di avere addosso i segni di qualcun altro".
Il corpo di Valeria si irrigidì di nuovo.
Sebbene non abbia detto nulla, sembrava che Aitor sapesse già tutto.
Sentendo la freschezza dell'unguento sul mento, Valeria percepì la rabbia di Aitor e si accigliò.
"Lo so". Ignorando che il sudore le stava già colando dai palmi delle mani, Valeria poté solo chinare il capo in risposta.
"Vai a letto presto". Aitor girò la sedia a rotelle: "Stanotte dormirò nella stanza degli ospiti".
Con queste parole, uscì dalla stanza senza attendere la risposta di Valeria.
All'interno della stanza, Valeria si accasciò da sola sulle morbide lenzuola, insonne.
Valeria poté finalmente lasciar scorrere liberamente le lacrime a lungo trattenute nei suoi occhi.
Ha appena ricordato di nuovo quel sogno.
All'umiliazione seguirono infinite umiliazioni da parte dei propri cari.
Incompresi e ridicolizzati dagli amici, dalle persone più care.
Essere marchiati come ciò che il mondo ha frainteso ed essere inchiodati a un pilastro di vergogna per sempre.
Quando si è soli, non si deve più essere forti e si può piangere a voce alta.
Il giorno seguente.
Valeria, molto rinfrancata dopo la flebo, decise di andare comunque al lavoro, ma quando si alzò per preparare le sue cose, notò che la sua borsa era sparita e al suo posto c'era una borsa firmata.
"Estela", chiese proprio in quel momento, quando vide Estela avvicinarsi per raccogliere le sue cose, "dov'è la mia borsa?".
"Signora Valeria, la sua borsa era tutta rovinata dalla pioggia di ieri, ecco qualcosa per lei da parte del giovane maestro".
La borsa che Aitor le ha comprato era di Chanel, un marchio che poteva costare decine di migliaia di euro, e che lei non poteva permettersi con questo stipendio. Ma la sua borsa era già stata buttata via e non aveva un'altra borsa, quindi non aveva altra scelta che prendere questa.
Aitor è seduto al tavolo da pranzo e legge il giornale come al solito.
Valeria, tuttavia, era ben consapevole di ciò che sembrava diverso in Aitor oggi.
Il contegno, la posizione seduta o, le mani.
Lo sguardo di Valeria cadde sulle mani ossute di Aitor e si bloccò di colpo.