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Avvocato in difesa

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Riepilogo

Una stagista in uno studio di avvocati, la voglia di arrivare lontano. Questa è la protagonista del nostro racconto, giovane e piena di vita. Le capacità ci sono tutte, lei ha bisogno di questo lavoro, la vita non le ha mai regalato nulla. C’è lui però e non è semplice. È travolgente, quasi 30 anni di più ma ogni fibra del suo essere sembra attratta da quello che è Francesco. Francesco è un avvocato di grande successo, conosciuto per la sua determinazione e per il suo approccio inflessibile alle sfide. Figlio di una stirpe di avvocati, avvocati che hanno fatto e continuano a fare la storia. Ha una personalità magnetica, capace di affascinare chiunque lo incontri. La nostra protagonista, non può fare a meno di iniziare a condividere del tempo con lui lavorando nello stesso studio. Ogni mattina, entrando in ufficio, sente una leggera emozione che le stringe lo stomaco. Francesco le inizierà ad assegnare compiti impegnativi, ma lei non si tira mai indietro. Francesco nota sin da subito la sua passione, la sua voglia di crescere e di migliorare. La strada è ancora lunga, e la nostra protagonista sa che dovrà affrontare molte sfide. Ma la presenza di Francesco rende ogni passo più stimolante.

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Capitolo 1

I suoi capelli grigi, ricci, e i suoi occhi azzurri erano perfetti. Ogni centimetro del suo corpo era impeccabile.

“Ti ho chiesto ieri di sistemare la pratica Marroni. È ancora in quello stato.”

“Non ho avuto tempo. Ettore mi ha chiesto di aiutarlo con un'altra pratica.”

“Devo averla per domani.”

“Ok, rimarrò qui stanotte.”

Lavoravo da un mese in quello studio di avvocati, dove eravamo quattro giovani praticanti, uno per ogni avvocato dello studio.

Carlo, l’avvocato più anziano e proprietario dello studio, era paffuto, non molto alto e con una risata fragorosa.

Ettore era entrato a far parte dello studio da poco tempo. Mi aveva consigliato un anno prima, quando lo avevo conosciuto nel precedente studio dove lavoravo.

Tina, l’unica donna dello studio, aveva 40 anni, era molto appariscente e non sposata. Aveva grandi occhi verdi e capelli biondi, con un fisico scolpito.

Francesco, di 40 anni, aveva un corpo da fare invidia a un ventenne. Era straordinario nel suo lavoro, ma purtroppo non lavoravo con lui.

Io ero con Tina da un anno. Non avevamo un ottimo rapporto; non è necessario essere amici intimi tra titolare e dipendente, ma nemmeno subire le sfuriate di Tina, che gridava a gran voce la mia incompetenza anche quando lo studio era pieno di clienti. Mi umiliava senza pensare a me.

Gli altri associati dello studio non erano dello stesso parere. Infatti, mi affidavano le pratiche che i loro giovani avvocati non riuscivano a gestire, cercando di tenermi sempre molto impegnata.

Francesco, quella sera, aveva fatto irruzione nel mio ufficio per reclamare la pratica che mi aveva dato la sera prima.

“Sofia, forse non è chiaro. Domani quella pratica mi serve.”

“Mi dispiace, ti ripeto che rimarrò a studio per finirla.”

“Sola?”

“Sì, sola. E poi Tina ti ha invitato a cena; non fare tardi, altrimenti domani non mi farà respirare!”

Si siede sulla poltrona dietro di me. Sento il rumore della stoffa che produce un leggero fruscio a contatto con la poltrona.

Ho sempre avuto un debole per lui. Mi sembra che mi tenga sotto la sua ala protettiva. Mi ha portato a moltissime udienze insieme a lui e ha messo a disposizione dei praticanti il suo sapere.

“Dai, chiamo e dico che non mi sento bene.” Tira fuori il telefono e inizia a cercare il numero.

Mi volto e prendo il telefono dalla sua mano.

Si gira e sorride. “Forza, dai qua.” Mi porge la mano.

“Ti darò il telefono se prometti di andare.” Non lo guardo, continuo a scrivere al computer. Il suo telefono nella mia tasca.

“Potrei prenderlo da solo…”

Si alza dalla sedia, sento il suo profumo che ormai ha riempito la stanza.

Una sua mano sul poggiolo destro e l’altra su quello sinistro della mia sedia, sento che è così vicino.

Ogni fibra del mio corpo è così ricettiva, ogni minimo movimento che faccio sento che il suo corpo mi avvolge.

“Tieni, vattene però. Mi distrai solamente.” Prende il suo telefono e mi sfiora la mano.

“Vieni, devi chiuderti dentro e mettere l’allarme.” Mi alzo e lo seguo. Prende il suo giubbotto, si volta e mi bacia sulla fronte. Questo rapporto è sempre stato così: intimo.

Chiudo gli occhi e assaporo quel momento. Non so da quanto tempo questo rapporto che dovrebbe essere solo lavorativo si è trasformato in questo. Vorrei tanto collaborare con lui invece che con Tina. Lui ha fatto davvero tanto per me, si è battuto ogni volta che Tina si era decisa a cacciarmi. Mi ha guidato quando ero in crisi nel mio percorso lavorativo.

Chiudo la porta e torno al lavoro.

Squilla il telefono.

Sono le 7.40. È Tina, che come ogni mattina vuole darmi il suo buongiorno.

“Ti rendi conto che non sei ancora in ufficio?” Urla dalla sua auto.

“Sono in ascensore, sto salendo!”

“Portami un caffè!”

“Arrivo…”

Riaggancia senza nemmeno salutare, come ogni volta. Cinque minuti dopo, squilla di nuovo il telefono, è sempre lei. Non rispondo, ho le mani piene. Ho preso il caffè per tutti gli associati.

Entro e lei esce subito dal suo ufficio.

“Basta, è impossibile che non mi rispondi al telefono!” Lo studio è ancora chiuso. Dietro di me entra Francesco, che mi viene incontro e mi toglie i caffè dalle mani.

“Hai finito di far impazzire Sofia?” Guarda Tina negli occhi, riuscendo a tenerle testa.

“Decido io quando finirla. Se vuoi, puoi tenertela. Io non ho bisogno di un’incompetente come lei.”

Francesco mi guarda. “Supporterà tutti noi tre, me, Carlo ed Ettore. Non avrai nessun assistente. Non ti meriti aiuto.”

Ho sentito il gelo trovandomi tra di loro. Francesco era tra me e Tina, come se volesse farmi da scudo.

Tina lo guarda come se volesse fulminarlo, poi si volta e ritorna nel suo ufficio sbattendo la porta.

“Grazie… ma non dovevi,” gli bisbiglio.

“Ti tartassa ogni volta, non è giusto.”

Lo guardo senza dire nulla e gli porgo il suo caffè.

“Credo di doverle portare il caffè.”

“Lascia, glielo porto io. A me non darà addosso.” Francesco prende il caffè ed entra.

Sento che parlano di me, discutono perché lei sostiene che io sia un’incompetente.

Mi sono laureata a pieni voti, ho lavorato per un anno in uno dei migliori studi della città. Ho scelto di cambiare per conoscere nuove modalità di approccio negli studi legali. Nell’altro studio, l’avvocato quasi piangeva quando gli ho detto che me ne sarei andata.

Passa un'ora e più e loro due sono ancora dentro. Francesco esce dopo quasi due ore, chiude la porta e si risistema il nodo alla cravatta. Si volta e mi vede che lo guardo.

“Sbrigati, vieni nel mio studio.” Lascio le copie che sto facendo sulla fotocopiatrice.

“Chiudi la porta.”

“Che succede? Come mai sono qui?” Rimango in piedi.

“Vuole licenziarti. Io ho provato a convincerla. La soluzione è che davvero tu venga con uno di noi tre.”

“Posso sedermi? Non mi sento bene.” Ho le gambe che mi tremano.

“Ti prendo dell’acqua?”

Annuisco senza parlare.

Si siede di fronte a me e mi mette le mani sulle ginocchia. Bevo.

“Sono una stagista, non potrete pagare due stipendi. Chiunque di voi mi prenda con sé, prima o poi mi dovrà licenziare,” parlo e mi trema la voce.

“Stai viaggiando con la mente, nessuno ha parlato di licenziamento se vieni con noi! Non ti metterei in mezzo a una strada per nessun motivo al mondo. Sei…” si blocca e si alza, “brava! Quindi, a te la scelta. Con chi vuoi lavorare?”

“Con te?” Lo guardo. Lui è seduto dalla parte opposta della scrivania, i suoi perfetti ricci grigi con qualche striatura di bianco, un po' scompigliati da quello che sicuramente era successo nell’ufficio di Tina.

“Alzati, torna a lavoro.” Mi sorride.

La giornata vola. Tina non mi guarda più. Francesco è davvero straordinario. Prima, quando non ero con lui come stagista, si tratteneva. Ora è una continua formazione, un continuo spiegare.

L’altro stagista con lui è Ottavio. Giovanissimo anche lui, con un sorriso luminoso, capelli rossi, occhi verdi e un sorriso pieno di allegria.

Lavorare con loro in quella giornata aveva davvero stimolato il mio interesse, che da quando lavoravo con Tina si era spento.

Sono le 8. Mi sveglio di soprassalto.

Trovo un SMS di Francesco che mi dà il buongiorno e mi avvisa che mi ha già inserita in un gruppo creato con Ottavio.

“Buongiorno ragazzi! Vi aspetto per le 8.30 al bar sotto l’ufficio. Facciamo colazione e discutiamo della causa Belli.”

Mi sbrigo e alle 8.30 precise sono al bar. Francesco è già seduto al tavolo. Dietro di me arriva Ottavio.

“Hey, buongiorno. Tutto bene?”

Sì, stavo solo ammirando Francesco che mi sorrideva. Ma non potevo condividerlo con lui. Non mi sembrava davvero il caso.

“Sì certo, sono arrivata ora.”

“Stai benissimo oggi,” esclama Ottavio. “Dai, andiamo!”

Ci sediamo. Francesco ci offre la colazione e lo aiutiamo a preparare la sua arringa per chiudere il caso. Passano due ore che volano via.

“Forza, ora abbiamo tre appuntamenti, poi venite con me in tribunale.”

In tribunale, Francesco parla alla giuria con una naturalezza che sembra innata. Ottavio è seduto accanto a me, smanetta con il telefono.

“Ti va di venire con me a una festa stasera? Una mia amica si laurea e dà una festa al Pink.”

Il Pink è uno dei locali più in voga della città. Non ci vado da almeno sei anni, dai tempi in cui andavo con la mia migliore amica.

“Ma domani dobbiamo lavorare… dobbiamo alzarci presto.”

“Stai tranquilla, c’è anche Francesco con noi, quindi siamo praticamente autorizzati a fare tardi.” Francesco? A una festa di neolaureati?

“Francesco?”

“Sì, la conosce perché è la nipote di un suo amico.”

Annuisco.

“Ottimo.”

Sono le 21. Ottavio è venuto a prendermi a casa con una Ducati Panigale V4. Quando vedo una moto così bella, so apprezzare.

“Accipicchia! Non pensavo fossi uno da Ducati,” dico con ammirazione.

“Buonasera anche a te…” ride lui. “Forza, mettiti il casco, siamo già in ritardo.”

Prende il casco e me lo passa.

“Tieniti.”

Non andavo in moto da almeno un anno. Mi mancava tanto. Con il mio ex eravamo soliti fare passeggiate in moto ogni domenica.

Nemmeno cinque minuti e siamo già arrivati.

“Peccato, mi stavo divertendo,” esclamo mentre scendo dalla moto.

“Quando vuoi, possiamo fare un giro!”

“Davvero?! Sarebbe super!”

Sorride ed annuisce.

Il Pink è pieno. Il buttafuori, un uomo alto due metri, ruggisce quasi agli altri in fila. Quando si avvicina, Ottavio sorride e apre la cordicella per farci passare.

Mi prende per mano, quasi tirandomi, e ci dirigiamo verso un gruppo di giovani già nel pieno della festa. Il piano superiore della discoteca sembra solo nostro. Non mi ricordavo bene il locale: c’è una ringhiera che si affaccia sul bar, sulla pista e sui divanetti al piano di sotto.

Ottavio mi presenta la laureata.

“Sofia, questa è Gemma. Gemma, lei è Sofia, la mia collega super sexy,” mi guarda e sorride. La ragazza mi sorride e dice qualcosa, ma la musica troppo alta non mi permette di capire bene. Ci saluta e torna a parlare con le sue amiche.

“Vieni, prendiamo da bere,” dice Ottavio avvicinandosi al mio orecchio. Annuisco e lo seguo. Di fronte al bancone, vedo solo che con la mano fa il gesto del due.

Dopo pochi minuti, due spritz sono davanti a noi. Ottavio viene rapito praticamente da due ragazze che lo portano a ballare. Rimango lì a finire il mio spritz.

Balla con le due ragazze e ogni tanto mi lancia qualche occhiata, e io gli sorrido. Mi appoggio alla ringhiera, guardando la pista: la gente salta, beve e si diverte.

Mi volto e mi ritrovo un corpo maschile praticamente attaccato a me. Prima che me ne possa rendere conto, ho già sferrato uno schiaffo sulla faccia del tipo. È Francesco.

“Ma cosa fai?”

“Ah, io? Te mi schiaffeggi in pubblico e sono io?” dice con la mano sulla guancia che si massaggia.

“Scusami, ma non è questo il modo… chi poteva immaginare che fossi tu? Guarda dove siamo.”

“Offrimi da bere e ti perdonerò,” ride.

Mi mette una mano intorno alla vita e mi porta al piano di sotto, tenendomi stretta. Sento i nostri corpi a contatto.

Arriviamo al bancone del piano di sotto, due sgabelli liberi. Ci sediamo.

“Cosa prendi?” Le sue labbra così vicine al mio orecchio mi fanno sussultare.

“Un martini.”

Si volta verso la barista, che accorre subito da lui facendo quasi le fusa.

“Due martini, grazie splendore.”

Lei, quasi a un metro da terra, ci mette di fronte i due martini. Francesco si volta e prova a fare conversazione, ma la musica del locale è talmente alta che riesco a sentire ben poco.

Se ne accorge e mi prende, facendomi cenno verso le vetrate della terrazza.

Prima che me ne possa rendere conto, una bionda in tacchi vertiginosi e un vestito minimale lo bacia. Un bacio intenso, e poi se ne va. Lui la guarda andare via, e mi accorgo che la ragazza gli ha infilato un bigliettino in tasca.

Mi fermo e tolgo la mia mano dalla sua presa.

“La tipa vuole che la segui… controlla il biglietto che hai in tasca.”

Prende il biglietto e, senza aprirlo, lo getta per terra. Si avvicina al mio orecchio.