CAPITOLO 2
(S)Piacevoli incontri
Prendo quella stupida camicia a quadri e filo dietro il bancone. Per fortuna non c'è nessuno, quindi mi metto a giocherellare col cellulare, tenendo i vari ragazzi del Clan sotto controllo. Già, pure quello mi tocca fare.
Anche se non si dovrebbe, m’infilo il cappellino e chino la testa. Spero davvero che nessuno si azzardi a presentarsi.
«Ciao, scusa, vorrei cambiare le lezioni. È ancora possibile, vero?» chiede qualcuno oltre il banco. «Oh sì, il codice è 25642.»
Questa voce l'ho già sentita, ma non ricordo dove e quando. Credo di dover smettere di bere, visto che l’effetto dei postumi dura sempre più a lungo. Alzo lo sguardo verso la fonte della voce e vedo lei.
Cazzo.
La mia bocca si spalanca tanto quanto la sua. Danielle è qui davanti a me e l’unica cosa che faccio è fissarla a bocca aperta. La gola mi si secca e il cuore mi sta battendo all’impazzata. Potrebbe essere una visione o una cosa del genere, ma ne dubito. È diversa, piacevolmente diversa. I suoi occhi azzurri sono contornati da un trucco pesante e i suoi capelli castani ora sono neri e lunghissimi. È bella, come me la ricordavo. Forse anche di più.
Stropiccio gli occhi perché la visione si sta offuscando.
Nessuno di noi parla o si muove. Il caso ci ha fatti rincontrare nello stesso modo della prima volta. «2.5.6.4.2.» balbetta leggendo sul palmo della mano. Mi ha riconosciuto? Cavolo, certo che sì, come può essersi dimenticata di me?
«Da quando in qua ti scrivi le cose sulle mani?» replico imbarazzato. Forse cerca di essere indifferente e di non agitarsi perché non c’è motivo. Io le do corda.
«I foglietti li perdo.» L’angolo della sua bocca s’incurva in un mezzo sorrisetto.
«Non può succedere che lavando le mani si cancelli?» chiedo divertito mentre digito il codice al computer. Sbuffa una risatina e distoglie lo sguardo da me. I suoi occhi sono vuoti.
«Se si cancella, vuol dire che non è importante» bisbiglia
«Danielle? Danielle Brown? Sei davvero tu? Che bello riaverti con noi» interviene il preside sbucando dal corridoio. Lei sgrana gli occhi e si volta con un mezzo ghigno infastidito.
«Preside... che... piacere rivederla» dice infine con finto entusiasmo.
POV DANIELLE
«Allora, hai finito di spassartela e fare invidia alle ragazzine con le tue scorribande amorose col rampollo di casa Carson?» Corrugo la fronte senza capire di chi stia parlando.
«Nick» s’intromette Richard. Ma che diavolo ci fa ancora qui? Non dovrebbe essere al college?
«Oh, be’, non è come sembra.» Già. Ma come deve sembrare vista da loro quella storia? Il preside sorride e tira fuori da sotto il braccio una rivista di gossip. La apre su una pagina leggermente spiegazzata, dove c'è un articolo di ben due colonne e la foto di me e Nick, in costume da bagno, sul suo yacht, abbracciati, e un’altra immagine in cui le sue dannate mani sono appoggiate sul mio fondoschiena mentre lui tenta di baciarmi. Risale a quando i ragazzi sono venuti a trovarci e abbiamo passato la giornata tutti insieme sullo yacht. La cosa ancora più strana è che non ci sia nessun riferimento a loro. La giornata peggiore della mia vita.
Con l’indice, batte ripetutamente sulla foto, proprio sul mio sedere. Ma che diavolo vuole?
Richard se la ride sotto i baffi, mentre io sono scioccata e mi sto irritando.
«Non so cosa sia peggio: queste dannate foto delle sue mani sul mio fondoschiena o vedere la pagina spiegazzata perché è stata guardata e riguardata per chissà quanto tempo e per quante volte. Sono indecisa. Mi aiuti lei» lancio una frecciatina al preside, per lo stupore di Richard.
«Che ci fai qui il giorno prima delle lezioni?» chiede il preside desideroso di spostare il discorso su un altro argomento. Stupido pervertito.
«Sono venuta a cambiare qualche lezione» confesso. Ormai è inutile mentire.
«Oh, be’, già che ci sei» dice battendo la mano sul banco per attirare l'attenzione del ragazzo che ci sta fissando incredulo. «Mettile sedici ore di recupero pomeridiano di matematica a settimana.» Alzo le mani in segno di resa e mi stringo nelle spalle. Ma che diavolo crede di fare? Non mi servono. «Suo fratello mi aveva promesso che avrebbe recuperato tutti i debiti e che quest'anno avrebbe avuto una media alta.»
«Non mi serve nessuna ripetizione per nessuna materia. Non può sapere i miei progressi senza un test di valutazione.»
«Mi dispiace. O così o...»
«Le do io le ripetizioni. Posso farlo» interviene Richard stupendo tutti, forse anche se stesso. Il preside lo guarda male e non esita a rimproverarlo. Battibeccano per qualche istante finché il preside cede e accetta la proposta.
«Ah, Breenly, non provarci. Questa volta non ti darò crediti extra per l’università» e se ne va. Mi volto verso di lui fissandolo come se fosse un alieno.
Richard, perché?
«Oh, non credo proprio» gli dico scuotendo la testa. I miei occhi sono sgranati e il fiato è accelerato.
«Perché no?» Lo squadro e gli lancio uno sguardo pieno d’odio.
Sono pronta a dargli un motivo valido, rinfrescargli la memoria sul perché non può, ma il mio cellulare incomincia a vibrare e sullo schermo compare il nome di Nick.
Ci manca solo lui.
Striscio con il dito per rifiutare la chiamata. Non ho intenzione di parlare con quel cretino ossigenato in questo momento.
«Che fai? Non rispondi?» mi sfotte Richard.
Lo guardo torvo e lui sorride. Il telefono squilla di nuovo e questa volta non faccio in tempo a rifiutare la chiamata che me lo sfila dalle mani. E risponde pure, il bastardo.
«Sì, pronto?» dice molto tranquillo. «Ah, ciao, Nick. Sì, sono Richard, ti ricordi di me?» continua. Vorrei ben vedere che si fosse dimenticato di lui e dei suoi maledetti pugni. «Sì, sono quello del pugno, bravo, vedo che il cervello ti funziona ancora dopo tutte quelle ossigenate. Senti, davanti a me c’è la tua morettina tutta curve. Ha una mini che sembra un fazzoletto. Non so se da voi si usa così, ma qui è giusto un pochino diverso.»
«Smettila. Ridammi il telefono.» Con il suo solito ghigno spavaldo, lui scuote la testa e indietreggia. No, ti prego.
«Te lo ridarò quando verrai a casa mia per le ripetizioni» mormora sensuale.
Cavolo, sono fregata. «Sì, scusa, che dicevi? Che le devo ridare subito il cellulare? No. Glielo ridarò solo quando verrà da me, in camera mia, sul mio letto.» Il suo sorriso ormai è enorme, proprio come il suo dannato ego. «Ma sì, vedrai che terrò le mani a posto. Ma non posso garantire per lei. Credo di piacerle.»
«Stronzo» e faccio il giro del bancone per riprendermi il telefono. Con uno scatto lui si sposta dietro alla scrivania e a ogni mio passo verso di lui, va nella direzione opposta. Non ci vedo più dalla rabbia.
«So che sei incavolato, ma parliamo ancora un po'. Tanto quanto verrà a costare un'intercontinentale? Ah, sì, scusa, te lo puoi permettere.»
«Ridammi quel cazzo di telefono» urlo sbattendo i palmi sulla scrivania, incurante che il preside possa sentirmi. Richard sobbalza e mi guarda con occhi diversi. Una smorfia di disgusto si forma sul mio volto. Che si tenga pure il telefono se gli piace tanto parlare con Nick.
Me ne torno a casa, lasciando il mio cellulare in mano a quel pezzo di cretino, quel ritardato mentale. Non prima di averlo mandato a quel paese più o meno un milione di volte. Oh, sì. Ci è rimasto male, ma non m’interessa.
***
Arrivata a casa, non ho nemmeno il tempo di aprire la porta che Richard è dietro di me.
«Dai, stavo scherzando» dice divertito. Con passo veloce, raggiungo la porta d'ingresso e la apro. «Ehi, fermati, stavo scherzando» continua. Non gli do corda e salgo di fretta le scale per andare in camera mia. «Se ti chiedo scusa?» Già, proprio lui che si scusa. Vorrei davvero vedere.
«Ma che sta succedendo?» chiede Jackson sbucando dal salotto. «Perché diavolo sei vestita così?» continua. Già, perché? Forse perché volevo cambiare? Ma qui non sono ben accetti i cambiamenti.
Prendo e sbatto così forte la porta della camera che rimbalza contro lo stipite e si riapre di nuovo. Richard entra e continua a scusarsi, ma il suo sorriso lo smaschera. Resta ai piedi del letto mentre mi supplica di perdonarlo e di accettare la sua offerta di darmi ripetizioni. Alla fine dice che dovrei ringraziare la divina provvidenza che ci ha fatti incontrare, altrimenti sarei stata costretta a prendere ripetizioni dal professore.
Jay corre in camera mia, dove vede Richard con le mani alzate in segno di resa, mentre continua a scusarsi, ed io seduta sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera e le braccia incrociate.
«Il tuo amico qui è uno stronzo psicopatico, lo sai, vero?» dico indicando Richard.
«Suvvia, ti ho chiesto scusa» si giustifica divertito.
«Fottiti, tu e le tue scuse del cazzo e ridammi il mio telefono. Ora!» grido contro di lui.
«Perché hai il suo cellulare?» s’intromette Jay.
«Già, racconta come me lo hai sfilato dalle mani e perché hai risposto alla chiamata di Nick dicendogli che non me lo ridarai finché non sarò nel tuo letto» lo sfido.
Occhio per occhio, mio caro.
La faccia stupita di Jay nel guardare Richard, il suo miglior amico, non ha prezzo.
«No, aspetta.» Alza le mani ancora di più, una a fermare me e una verso Jay. «Il letto era inteso come un oggetto su cui sederti. Se tu sei così sicura di te da credere che ci potesse essere qualcos'altro, be’, sbagli di grosso.» Ah, ora sbaglio di grosso mentre quando eravamo a Orlando i miei pensieri erano giusti. «O con me o ti sorbisci sedici ore a settimana di quel maniaco pervertito dalle mani lunghe di Hansel. Decidi» continua poi descrivendolo in modo offensivo. «Ti servono ripetizioni e lo sai.»
«Non è vero» piagnucolo disperata. Ma perché nessuno mi ascolta?
«l preside mi ha dato l'ok. Sono il tuo tutor in matematica. Che ti piaccia o no.»
«No, non esiste. Ho già sin troppi tutori nella mia cazzo di vita. Non ne voglio un altro per una cosa che non mi serve. Soprattutto tu che sei un...»
«Un? Cazzo, Danielle, smettila di combattermi. Lo sto facendo per te» urla a sua volta, chinandosi verso di me. Il suo volto è serio e arrabbiato quanto il mio, ma questa volta non mi fa paura. Non più.
«Sei uno stronzo, comunque. Che tu voglia aiutarmi oppure no.»
«Oh, andiamo. Ringraziami invece per averti salvato il culo da quel vecchio bavoso» ringhia lui.
«Allora sarei in debito con te? Ridammi il telefono, invece» rispondo seccata.
«No. Gli concedo io il permesso. E smettila di attaccarlo» replica quel traditore di mio fratello. «Domani, dopo la scuola, vai da lui e fai quelle dannate ripetizioni. Non voglio che passi sotto le mani viscide di Hansel. Preferisco lui.» Cosa? Non lo ha detto sul serio. Preferisce le mani di Richard? Non ci posso credere. Mi ha pugnalata alle spalle. «E il telefono te lo restituirà domani quando avrete finito» continua. Sono sconcertata.
«Grazie per avermi rovinato la vita, di nuovo, signorino stronzetto» mi rivolgo a Richard.
«Ma dov'è finita la vecchia Danielle? Quella era molto più simpatica» mormora lui a Jay. Odioso, letteralmente odioso.
«Vattene dalla mia stanza. Ora!» urlo.
POV RICHARD
Usciamo dalla stanza, lasciando quell'indemoniata da sola a sfogare la sua infinita e divertente rabbia nei miei confronti. Santo cielo, quanto mi è mancata.
«Chi diavolo è quella?» chiedo indicando la porta della camera. «Mark te l'ha rimandata guasta?» Cerco di smorzare la tensione sul viso di Jay. Tossisce una risata, ma nulla di più.
«Non mi preoccupo di come ti abbia risposto, ma di come si sia vestita» risponde. Cosa?
«Non è lei con i capelli scuri e la minigonna, per non parlare di quella dannata boccaccia» dico calmo. Con lui, almeno, si può ragionare. «Quella là dentro non è lei. Non è la mi... la solita Dan.» Spero che non abbia sentito che stavo per dire ‘mia’.
«No, quella è la vecchia Dan. La mia Dan, di quando tutto ciò che riguarda i dannati incubi e le cazzate varie non esisteva nemmeno. Quella è mia sorella, la vera Danielle» dice sorprendendomi. «Il dottore da cui l'ha portata Mark ha fatto miracoli. Ora bisogna solo riabituarsi al suo vecchio carattere.» Quindi Dan era così? Come diavolo è riuscito quel maledetto a ridurla nello stato remissivo di un anno fa? «Allora ora sei il suo tutor?»
«Ho agito d'impulso, vero?»
«Ti procurerà molte noie, lo sai? Aveva un caratterino abbastanza indomabile, tanto da sconvolgere persino me.» Jay continua a spostarsi da un angolo all’altro della cucina.
Il telefono, il suo telefono, continua a vibrare da quando gliel'ho preso. Lo afferro e lo appoggio sul bancone. È snervante.
«Come diavolo si spegne questo coso? Continua a vibrare.» Sulla schermata compare sempre la scritta 'My Love'. Ma chi diavolo è?
«È come il tuo. Dovresti saperlo» si azzarda a dire Jay. La sua voce mi suona lontana e, quando alzo lo sguardo, mi ritrovo da solo.
Lui è sparito in salotto.
A un certo punto, entra Danielle. Indossa una maglia, a maniche lunghe, larga e talmente corta da coprirle solo il seno e niente meno che i miei boxer.
Ecco dov’erano spariti. Li avrò lasciati a Orlando dopo aver fatto la doccia.
I lunghi capelli scuri sono bagnati e sul suo visino non c'è ombra di trucco.
Va diretta verso il lavello, afferra una tazza e la riempie di cereali. Dal frigo estrae la bottiglia con la spremuta e si siede al bancone con noi. La guardo allibito mentre quell'aggeggio dalla suoneria infernale continua a vibrare. Nessuno dice niente.
Lei non parla, visto che alle orecchie ha le cuffie da cui proviene una musica abbastanza alta.
Si versa la spremuta nel bicchiere e con le dita prende un cereale alla volta per poi portarselo alla bocca.
D'un tratto si china sul bancone e si allunga per afferrare il cellulare. La maglia si allarga, mostrando tutto ciò che c'è sotto. O meglio, ciò che non c'è, tipo il reggiseno.
Deglutisco davanti a quella visione, ricordando quando le mie dita torturavano quelle magnifiche rotondità. Appoggio velocemente la mia mano sopra la sua nel momento in cui la posa sul telefono, per bloccarla.
«Vuoi che smetta di vibrare o...» mormora «rispondo e basta? Poi te lo lascio, se ti piace tanto.» È sensuale, cazzo se lo è. Sembra che stia flirtando con me. Mi manda in confusione.
Levo la mano e lei, appoggiandosi col busto sul tavolo, prende il telefono, stacca le cuffie da quello che sembra essere un ipod e le collega al cellulare per rispondere.
I miei occhi sono fissi lì, sul suo petto che è in bella mostra.
«Amore, ti chiamo io» riaggancia, rimette le cuffie nell’ipod e mi ripassa il cellulare. Alzo lo sguardo e lo punto sul suo volto. «Ora non dovrebbe squillare fino... all'incirca... a domani sera.» Smorza un sorriso e prende la tazza e il bicchiere per andarsene in giardino passando dal retro.
Ma che diavolo? La guardo stranito.
«Benvenuto nel gruppo di 'non ci credo, ma è vero'.» Jay mi fa tornare con i piedi per terra. Lo vedo appoggiato allo stipite della porta.
Da quanto tempo è lì?
«Pensa che ha detto a Sarah di chiamare le spogliarelliste per la tua festa.»
Lo so, ma pronunciato dalla bocca di Jay, tutto ha un tono diverso. «Sei ancora sicuro di volerle dare ripetizioni? Il suo carattere era davvero tosto e, a quanto pare, l’ha riacquistato» mi chiede ridacchiando.
Oh, sì che voglio. Questa volta posso. Posso starle accanto, visto che non ho assolutamente nessun nuovo ordine e tanto meno il divieto di farlo. Certo che voglio.
«Ormai non posso tirarmi indietro. Il preside ha accettato la mia proposta» dico. Porto il bicchiere alla bocca e bevo un sorso di spremuta.
«Mica è un matrimonio.» Sghignazza facendomi sputare nel bicchiere. «Povero chi se la vorrà sposare» continua.
«Perché? È bella. Anzi, se non fossi tuo amico, ci farei un pensierino.» Le parole pronunciate senza riflettere sono le più veritiere, ma anche le più pericolose e non sempre vanno espresse ad alta voce. Questo è il caso.
«Davvero? Oh be’, in bocca al lupo allora» dice stupendomi.
Ma che diavolo è successo a questa famiglia?