Capitolo 15: Lui è innocente, anche tu sei innocente?
Le parole di Luca furono così reali che Serena abbassò gli occhi con imbarazzo.
“Lo so...”
Vedendola improvvisamente depressa, Luca si rese conto che le parlò troppo seriamente, “So che quello che ho detto è un po’ brutto, ma penso che signorina Serena può capirlo? Comunque, è meglio che non menzioni nulla di oggi, altrimenti io non posso fare nulla per aiutarla.”
Finite le parole, Luca si voltò e se ne andò velocemente. Se Serena fosse una persona ragionevole, non prenderebbe l’iniziativa di aprire la questione.
Serena rimase nell’angolo per circa cinque minuti prima di bussare alla porta.
“Entra.” La voce di Cristian suonava fredda e spietata, e ancora vagamente arrabbiata.
Serena esitò per un momento, aprì la porta dell’ufficio ed entrò.
Cristian non si sedette di fronte alla scrivania, ma si rivolse alle finestre francesi con le spalle verso di lei, tenendo la vista in basso. Serena richiamò la freddezza nella sua voce ed entrò in silenzio.
L’aria rimase tranquilla per alcuni secondi prima che Cristian si rendesse conto che il visitatore non parlò, e accigliandosi girò la sedia a rotelle.
Inaspettatamente, si mostrò il viso leggermente pallido e malato di Serena.
“Cosa ci fai qui?”
Serena alzò la testa incontrando il suo sguardo, “Io, io sono la tua assistente.” Aveva dimenticato quello che era successo prima?
Udendo ciò, Cristian sogghignò con disprezzo sulle labbra, “Un assistente che non sa nemmeno fare il caffè? Pensi che ne abbia bisogno?”
Serena si morse il labbro inferiore e strinse il pugno.
“Farò del mio meglio. Che tipo di sapore ti piace? Me ne dai una tazza?”
“Se te la do, me ne puoi fare una uguale?”
Serena annuì.
Il sorriso sulle labbra dell’uomo fu estremamente beffardo, “Hai questa capacità?” Ma le diede comunque l’opportunità. Mise il caffè in mano sul tavolo dicendo: “Questo sapore, ti do solo una possibilità.”
Serena fissò a lungo la tazza di caffè, allungò la mano per prenderla e poi si voltò per uscire.
Cristian mosse la sedia a rotelle verso la scrivania, prendendo un file da sfogliare. Passarono circa dieci minuti prima che alzasse gli occhi e guardasse la porta. Non c’era nessuno. Quella donna non era ancora tornata. Spaventata? Dieci minuti per fare una tazza di caffè?
Altri dieci minuti passati, la porta non si mosse affatto.
Cristian si accigliò, cosa diavolo stava facendo questa donna? Crede davvero che sia molto amichevole? Che può prendergli il caffè e andarsene senza dire una parola?
Cristian chiuse il documento con rabbia, e proprio mentre stette per andare a vedere la situazione, dalla porta provenirono dei passi.
Serena portò una tazza di caffè ed entrò con un’espressione inquieta sul viso, ma di certo non osò guardare l’uomo.
“Hai perso venti minuti.” La voce fredda risuonò, attaccandola senza pietà.
Serena si morse il labbro inferiore e rispose con calma, “Ma prima non mi avevi dato un limite di tempo.”
“Tu!” Cristian si fermò con le sue parole e sogghignò con rabbia: “Sembra che hai ragione?”
Lascia perdere, Serena non volle discutere con lui, e gli diede il caffè preparato: “Provalo...”
Spostando la tazza, il forte aroma riempì l’aria dell'ufficio.
Annusando la ricca fragranza, gli occhi dell’uomo si strinsero in una linea retta.
“So che non è buono come il tuo, ma ho davvero fatto del mio meglio.” Vedendo che era seduto immobile, Serena prese l’iniziativa di portargli il caffè davanti.
Cristian non ebbe l’intenzione di prestarle attenzione all’inizio. Ma vedendola in attesa, con lo sguardo pietoso sembrando di essere una cucciola abbandonata, inspiegabilmente, l’uomo allungò la mano e lo prese. Assaggiando un sorso, gli occhi suoi diventarono pericolosi.
Percependo l’aria del suo corpo cambiare improvvisamente, Serena fece un passo indietro inconsciamente, guardandolo tutta timida.
“Cosa mi eviti?” L’uomo inarcò le sopracciglia e la fissò sfavorevolmente: “Paura che potrei rovesciarti addosso il caffè?”
Serena arricciò le labbra. Sembrava che avesse azzeccato esattamente il suo pensiero.
Dopo un altro sorso di caffè l’uomo porse la tazza a Serena, la quale si affrettò a prenderla lanciandogli uno sguardo attento: “Com’è?”
Cristian distolse lo sguardo imbarazzato e disse freddamente: “A malapena sufficiente.”
Udendo ciò, a Serena, felicissima, apparve un sorriso sul viso: “Davvero? Allora posso restare?”
Questa voce vivace...
Cristian le diede un’occhiata profonda. Fin dal primo giorno in cui era arrivata a casa di Ferrari, l’espressione sul volto di Serena era sempre stata timida, ed era ovvio poiché era sempre paurosa in casa. Ma oggi un sorriso apparve all’improvviso sul suo bel viso roseo, il quale trasformò i suoi occhi freddi molto più luminosi. Sembrava che qualcosa si fosse lentamente insinuato nel cuore di Cristian, rendendolo inspiegabilmente irritabile.
Si tirò la cravatta al petto e sbuffò freddamente: “Ho detto che puoi restare? Cosa hai deciso del bambino?”
Lui prese l’iniziativa di discutere la questione del bambino, e si vide il viso di Serena impallidire immediatamente e le sue dita si strinsero silenziosamente.
“Non parli? Sembra che tu abbia intenzione di tenerlo?”
Serena all'improvviso alzò gli occhi per guardarlo: “Devi essere così crudele? Il bimbo è innocente!”
L’uomo sogghignò, i suoi occhi furono più che ostili: “Lui è innocente, anche tu sei innocente? Se sa che sua madre è una donna insidiosa, ingannevole e vanitosa, penso che se ne pentirà di venire in questo mondo.”
Le parole spietate colpirono nel cuor profondo di Serena, facendola rimanere cianotica.
“Tu...” Inaccettabile! “Comunque, dal giorno in cui mi sono sposata al posto di Aurora, mi hai già attaccato l’etichetta di una insidiosa e vanitosa, giusto?”
“No, ce ne sono due in più.”
“Quali?” Gli occhi di Serena si spalancarono.
“Spudorata, promiscua.”
Serena si morse il labbro inferiore talmente tanto il labbro da ferirsi.
“In breve, è davvero innocente, per favore... dammi una possibilità.” Serena non riusciva ad alzare il capo, non poteva raccontare la verità all’uomo di fronte a lei, ed ebbe solo la forza di chiedere un’opportunità! Chiedergli di lasciare andare il bambino.
L’uomo la guardò come se fosse una persona morta, le sue labbra sottili furono troppo pigre per muoversi.
“Tra due giorni, se il bambino esiste ancora, te lo toglierò io.”
...
Due giorni passarono in un batter d’occhio.
Serena decise di non andare all’ospedale per l’aborto perché Alice l'aveva cercata dicendole di non dire nulla a Cristian, e che lei avrebbe trovato un dottore per vedere se ci fosse un altro modo per evitare di danneggiare il suo corpo e abortire con successo.
Ma Serena non voleva affatto abortire. Voleva tenerlo!
Ascoltando la sua intenzione, Alice disse che era pazza, mentre Serena era calmissima: “Non sono pazza, voglio tenerlo, questa è una vita che uscirà tramite me stessa!”
“Ma il bambino nascerà senza un padre. Sei davvero pazza? Inoltre, i Ferrari ti permetteranno di dare alla luce questo bambino? La famiglia Ferrari è una famiglia nobile.”
Sì, questo era davvero un problema serio. Serena si coprì la pancia, e i suoi occhi furono estremamente tristi.
“Ci penserò da sola.”