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CAPITOLO 2: Mi sei mancato

-Mi sei mancata..." confessai, alzandomi dalla sedia.

La luce fioca accompagnava i miei passi, lenti e silenziosi, e mentre mescolavo le dita dei piedi avvicinandomi al suo corpo, sentivo che la melodia dei nostri movimenti iniziava a scandire il resto.

Lo raggiunsi, parsimoniosa, alzandomi in punta di piedi per cercare il mio bacio, alitando sulle sue labbra fino a sfiorarle, lasciando che il mio piede destro si alzasse seguendo le note sommesse dettate dai sospiri sereni.

Grande e forte, il suo braccio mi circondò, adattandosi perfettamente alla curva della mia schiena, quella che è audace e sconveniente per qualcuno al di fuori del mio letto, quella che è sua solo per i suoi meriti.

Girandomi sul piede appoggiato mi sono lasciata cadere come tante altre volte, senza interrompere il bacio, lasciando che l'altra mano cercasse di stringere il tendine che l'avrebbe condotto alla coscia nuda sotto la mia gonna.

Da soli sul pavimento, la luce fioca ci invitava a ballare in silenzio o a ridere, a lasciarci andare verso il letto o a finire per accoglierci proprio lì, più profondamente, sulle piastrelle o contro la panchina.

Le sue labbra correvano lungo il mio collo come un sospiro, calmo e sereno, percettibile ma tenero. La mia pelle le ha accolte con piacere mentre, senza muovermi, in piedi, appoggiata al bancone, mi lasciavo fare, godendomi ad occhi chiusi le carezze delle sue mani che, senza fretta, cercavano la pelle sotto la mia maglietta, per uscirne di nuovo, lasciando che il mio desiderio si accumulasse, che la mia voglia si rafforzasse.

Giocava con la mia gonna, spingendo i miei fianchi contro la durezza della sua erezione, che si annidava tra le mie natiche, sibilando contro i miei vestiti e facendomi venire discretamente l'acquolina in bocca.

Non ho detto una parola e nemmeno lui, in un patto muto in cui il tatto era protagonista, mi ha tirato su la gonna fino alla vita, ha infilato le dita sotto il cotone delle mie mutandine e le ha tirate giù con un gemito afono, tracciando le rotondità delle mie natiche, facendomi bagnare, sciogliendosi tra le mie gambe.

Mi appoggiai all'indietro, appoggiando i gomiti sulla panca, agevolando il mio ingresso, umido e carnoso, mordendomi il labbro inferiore mentre sentivo la morbidezza del suo glande che si insinuava dentro di me e, trattenendo il respiro, spingeva con forza fino a quando non ci scontrammo, tirandosi fuori per ricominciare.

L'intensità con cui facevamo l'amore e la dolcezza con cui scopavamo erano le stesse, mascherate da un'eccitante furtività interrotta solo dai gemiti sinceri dei nostri respiri, ansimi ritmici che ci portavano al piacere, avvolti dall'istinto, sudando le parole, sborrando in segreto, senza che nessuno sentisse il momento.

Senza fermarci per riposare, entrambi grondanti di piacere, con l'orgasmo ancora pulsante, caddi in ginocchio, le gambe tremanti, il naso che sfiorava la punta del suo glande prima che sparisse nella mia bocca. Cominciai a succhiarlo, assaporando la miscela dei nostri succhi, succhiando i resti dello sperma, leccando via dall'asta la sostanza densa, biancastra, che sapeva di mio, con quel tocco eccitante e il gusto morboso di assaggiare me stessa.

Le mie dita scivolavano tra le mie labbra aperte, gonfie, esageratamente lubrificate, con il bruciore dell'attrito precedente, con il desiderio del nuovo, perdendosi senza paura a cercare il piacere nascosto, a strappare un sospiro tra suoni viscosi mentre la mia lingua avida manteneva fresca la sua erezione.

Lo inghiottii senza paura fino a quando pensai che la mia mascella si stesse scardinando, aiutandomi con la mano, combinando le due cose, alternando le leccate, guardandolo negli occhi in segno di supplica, i nostri sguardi che si fondevano nella pura lussuria. I miei rantoli si fecero più profondi e più brevi, sentendo i miei muscoli contrarsi per gli intensi schizzi che le mie dita facevano nella mia figa aperta, finché non venni in un enorme orgasmo.

L'uccello del mio ragazzo si induriva di secondo in secondo mentre la mia mano esausta continuava a masturbarlo senza sosta, muovendo la pelle su e giù finché i suoi occhi non divennero bianchi e un ruggito lo mandò in trance, grugnendo mentre mi sborrava sulla mano fino al polso, da cui leccai il suo sperma prima di abbandonarmi al piacere.

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