PROLOGO
“Lui sapeva così poco di lei,
eppure, nessuno oltre lui aveva saputo così tanto”
*C. Bukowski
POV RICHARD
Un mese dopo. Birmingham.
Questo mese, da quando sono rientrato da Orlando, è volato e stasera mi ritrovo reclutato per l’ennesima missione del cazzo.
«Non c'è nulla di più snervante d’aver percorso tutta questa strada e non avere la minima idea di cosa sia necessario fare» dico con voce stanca.
Ho dormito poche ore ed essere qui m’irrita.
«Non hai da capire un beato nulla, devi solo eseguire gli ordini che ti sono stati dati. Se non vuoi, quella è la porta» scatta Kevin.
A quelle parole, Sem alza gli occhi al cielo. Nessuno dei due sa con esattezza di che si tratti e una delle regole delle missioni è proprio quella di non chiedere.
Siamo stipati nella macchina di Kevin che è parcheggiata davanti a un edificio quasi anonimo, se non fosse per la strana forma architettonica. Siamo fermi da ore e non sappiamo ancora cosa dobbiamo fare finché Kevin alla guida non accende il motore e s’immette nel traffico poco prima di un'ambulanza, che all’improvviso esce dal parcheggio sotterraneo dell'edificio, tagliandole la strada.
Kevin tiene gli occhi fissi sullo specchietto retrovisore senza farsi scappare il benché minimo movimento.
«Dobbiamo scortare un'ambulanza? Sul serio? Che vuole fare il Clan ora? Appropriarsi anche di un mezzo di primo soccorso?» chiedo con disappunto.
Kevin non mi risponde. È troppo impegnato a tenere d'occhio ogni movimento del veicolo.
«Potrebbe essere. Ormai comanda tutta la città.» La voce di Sem sembra sarcastica.
«Certo, sanno come creare scompiglio, non sono capaci di governarla» bisbiglio. È la verità.
«Tra un po’ cambierà tutto» ridacchia Kevin. Lo vedo sorridere quando imbocca una stradina deserta, seguito dall’ambulanza. «Su le maschere» ordina. Né io né Sem ci muoviamo. Non abbiamo capito cosa vuole fare, anzi, non ce l’ha nemmeno detto. «Cazzo, fate come vi dico prima che cambi idea e vi rinchiuda lì dentro!» tuona e noi ubbidiamo.
Infilata la maschera, usciamo dall’auto e ci dirigiamo verso l'ambulanza. L’autista scende appena noi raggiungiamo il veicolo. Kevin c’indica le direzioni da prendere. «Quattro» rivolgendosi a me,
«apri il portellone.»
Ubbidisco con qualche titubanza causata dall'assegnazione dei numeri, siamo solo in tre, ma in fondo basta che ci sbrighiamo.
Muovo dei passi veloci verso il retro dell'ambulanza e, quando apro il portellone, Kevin mi affianca ed entrambi guardiamo all'interno.
Seduto sul lettino, c’è un ragazzo con una camicia di forza. Testa china e sguardo fisso a terra. «Uno» sussurra Kevin. Mi volto a osservare l'amico che tiene gli occhi fissi su quel ragazzo apparentemente innocuo.
«Ma che cazzo...» si stupisce l'infermiere accanto al ragazzo che sembra essere più un vegetale che altro. Kevin non esita ed estrae il taser sparando all’uomo e stordendolo. Nulla di più efficace. Getta a terra l'arma e sale sull'ambulanza, piazzandosi davanti al ragazzo.
«Siamo venuti a prenderti.» Kevin porta le mani sul volto del ragazzo e glielo solleva, cercando d’incrociarne lo sguardo, ma quest'ultimo sembra perso. Lo scuote, lo richiama, ma nulla pare funzionare, finché Kevin non fa un gesto inaspettato e si leva la maschera. «Due» lo redarguisco sapendo che non ci è permesso rivelare la nostra identità, ma il mio richiamo resta inascoltato.
«Dov’è la mia parte?» latra il guidatore che si è piazzato al mio fianco.
È un complice?
Kevin si alza, infila le mani in tasca ed estrae dei soldi arrotolati che gli lancia. Poi alza l'amico che ancora indossa la camicia di forza, lo guida verso l'auto e lo fa salire. Resto spiazzato dal suo comportamento.
L’uomo impreca contro Kevin e lo accusa di imbrogliare. Nel rotolo non c’è il compenso pattuito. Il moro ritorna a grandi falcate verso di noi. Ha le braccia dietro la schiena e, quando è a pochi passi, le porta in avanti, rivelando una pistola. La punta contro la testa dell’uomo e lo minaccia di fargli saltare il cervello.
Non capisco più nulla, è tutto così veloce e così strano.
Kevin mi ordina di andare in macchina e anche di darmi una mossa. Ubbidisco perché voglio tornarmene a casa e riflettere con calma su tutta questa storia.
«Ma che diavolo è successo? Chi diavolo è?» chiedo a Sem appena lo raggiungo. Il suo sguardo è fisso sul moro che discute con quell’uomo.
«Ti dico solo una cosa: non farne parola con nessuno, che non ti sfugga chi sei e chi conosci. Non levarti mai la maschera e tieni il tuo fottuto ego sotto le scarpe. Al resto ci penso io.» Ed entra in auto, lasciandomi con i miei dubbi.
Come sempre Kevin è al volante e la cosa mi sta innervosendo, visto che sono seduto accanto al ragazzo che abbiamo appena
'rapito'.
«Non credo che sia contemplato il sequestro o è una nuova clausola?» mi lamento sottovoce.
«Non rompere, Quattro” tuona Sem cercando di non rivelare la mia identità.
«Lo stiamo solo portando da un'altra parte, non è rapimento. I Leader si fidano più di noi che del servizio medico. Benvenuto nel Clan riservato ai grandi, mio caro Quattro» dice Kevin.
Sem si volta verso di me intimandomi di tacere. Mi giro leggermente e osservo lo sconosciuto, che se ne sta seduto tranquillo, ancora bloccato dalla camicia di forza. I suoi capelli corvini sono trascurati, la pelle olivastra sarebbe ben curata se non fosse per l’accenno di barba. Non avrà più di venticinque anni. Le labbra carnose si muovono come in una cantilena incomprensibile.
«Conosci la mia piccola bambolina?» sussurra. Non lo ascolto, non lo devo sentire. «Conosci la mia piccola… Dream?» Si volta verso di me e io chiudo gli occhi. Ringrazio Dio per la maschera e che non possa vedermi. «Sai dov’è la mia piccola Danielle? Voglio vederla.» Scuoto la testa e lui sospira.
Cavolo, Danielle.
Sono mesi che cerco di dimenticarla e ora? «Io invece scommetto che te la sei scopata» sogghigna. Ma chi diavolo è costui? E com’è che sa certi particolari? Io non l’ho detto ad anima viva.
Magari lo ha fatto lei e io non ne so nulla.
La mia mente viene travolta dai numerosi ricordi che ho di lei. Mi ero imposto di dimenticarla e la cosa ha funzionato, fino ad ora.
Ho pensato a lei per qualche giorno dopo la mia partenza. L’ho pensata quella stessa notte fino alla mattina seguente, senza chiudere occhio. Ho pensato alle sue parole, ai suoi gesti e al suo corpo che si muoveva sotto il mio e a come mi aveva avvolto e accolto dentro di sé. Poi, gli avvenimenti mi hanno impedito di pensare. Sono stato troppo impegnato persino per dormire, e tutto ciò che non riguardava la band si è magicamente dissolto nel vuoto. Compreso il ritiro del mio diploma.
Nessuno dei tre, Jackson, Scott e Linda, ha detto una parola a proposito o ha più nominato Danielle. Magari avranno discusso tra loro, ma mai davanti a me. Non so se sia stato un bene o meno, dato che ora solo sentire pronunciare le lettere che formano il suo nome mi suscita un desiderio irrefrenabile di rivederla.
Che avrà fatto in questo mese? Avrà mai pensato a me, a noi, a quella sera? È con quel figlio di papà? Starà con lui ora o non l’avrà voluto più vedere?
Non passa molto prima d’entrare in un parcheggio sotterraneo; Kevin si accinge a uscire dalla macchina e poi fa scendere l'amico 'rapito'. Lo prende sotto braccio e, aiutandolo nei movimenti, si dirige verso una lussuosissima automobile che attira la mia curiosità.
«Che sta succedendo?» chiedo guardando ciò che sta capitando. Sem mi fa cenno di stare zitto. È impossibile che tutto questo sia stato approvato.
Non ci sono parole tra il ragazzo e i passeggeri, ma solo uno scambio di consegne. Quando sale, dal finestrino dell'autista sbuca una mano con una busta che Kevin prende senza problemi. Sul polso spicca un Rolex e sul mignolo un vistoso anello che lo collega ai vertici del Clan.
Kevin annuisce mentre controlla il contenuto della busta. Si volta e ritorna in auto «Cosa cazzo era?» scatto levandomi la maschera appena Kevin chiude la portiera. Non risponde, ma apre la busta ed estrae due mazzette che lancia a Sem e a me.
«Questa dovrebbe bastarti per non fare domande e non parlare con nessuno. Prendila come se fosse l’invitato speciale ad una festa.» Storco il naso, ma non obietto. In fin dei conti, non è successo nulla di grave.
Almeno spero.
***
Al pub dove siamo soliti fermarci dopo ogni missione, sempre che il tempo lo permetta, ci siamo solo io e Sem, che a differenza mia sembra pensieroso. Non ha nemmeno toccato il suo solito drink.
«Stai bene? È da un po’ che non ci vediamo e…» Spero che si decida a parlare. Annuisce, chiude gli occhi e sospira. Con la mano tremolante si massaggia la fronte. «Fammi indovinare» esordisco interpretando il linguaggio del suo corpo, «non è stata autorizzata.»
Giocherello con la cannuccia del mio drink in attesa di una risposta. Sem appoggia i gomiti sul bancone, afferra la maglia dal colletto per coprirsi la testa e nasconde il volto tra le braccia.
«Sì, è stata autorizzata» sussurra. Certo, ed io ci credo. Prendo una sorsata e sorrido. Mugugno come per incitarlo. «Non indagare» continua a parlare da sotto la maglia.
«Avrò qualche diritto o no? Credo che dopo quello che è successo con Wood…»
«Non è cambiato nulla. Tu sei sullo stesso livello. Alla fine Wood non era tanto in alto come faceva credere.» Finalmente decide di riemergere dal buio. Sorrido e mi guardo attorno e, con la scusa che qui non si può parlare, lo invito sul retro. Lui sbuffa, ma accetta.
Appena chiudo la porta dietro di me, mi lancio su di lui. Riesco ad avere la meglio solo perché l’ho preso alla sprovvista.
«Ora dimmi tutto ciò che sai, perché io non mi sono fatto il giro del globo per un’azione non autorizzata rischiando di essere espulso e non accetto di restare senza spiegazioni» lo minaccio. Il mio avambraccio preme sulla sua gola, impedendogli di incamerare aria a sufficienza. Respira a fatica, ma non lo lascio andare. Conficca le unghie nella mia pelle, ma il dolore è inesistente. Voglio delle spiegazioni e, in questo momento, lui è l’unico in grado di darmele. Porta una mano sul mio collo nel tentativo di farmi allentare la presa.
Cede e mi supplica di lasciarlo andare. Avvicino il mio volto al suo, anche se lui cerca di allontanarmi. In questi mesi ho sviluppato più muscoli e di conseguenza sono più forte di quanto lo ero in precedenza.
Faccio ancora pressione sulla sua gola e lui spalanca la bocca. Lo lascio. Si accascia ansimante. Indietreggio guardandolo. Sono bravo e buono fino a un certo punto.
«Il Rosso. L’ha approvata il Rosso. Fino ad ora, quel ragazzo era sotto la custodia dello Sfregiato.» Sgrano gli occhi e avverto un peso sul petto. Mi manca l’aria. «L’ho saputo solo dopo. Non avevo idea di cosa volesse fare Kevin. Ma quando lo Sfregiato mi ha telefonato
chiedendomi delle informazioni…»
«Chi è?»
«Non lo so» ansima. Mi avvicino e mi chino su di lui. Lo prendo per i capelli riuscendo a farlo alzare. «Lo giuro, non so chi sia. Lo Sfregiato mi chiedeva solo informarmi sul suo stato e non le sue generalità.»
«Come sa chi è Danielle?» Come sa che tra me e lei è successo qualcosa? Lui sbarra gli occhi, ma le pupille sono sempre immobili. Nega di conoscerlo e di sapere come quel ragazzo conosca il nome preciso di Danielle. Azzarda persino che abbia sparato un nome a caso, ma sappiamo bene entrambi che le probabilità d’indovinarlo sono davvero basse; se poi si aggiunge che ha pronunciato anche il suo secondo nome, allora la cosa è davvero… inquietante.
I miei occhi sono nei suoi che non si spostano di una virgola mentre giura. Promette anche di fare il possibile per sapere chi diavolo sia quel ragazzo dai capelli corvini e gli occhi scuri che è riuscito a farmi pensare di nuovo a Danielle, dopo che da settimane l’avevo allontanata dalla mia mente. Annuisco e sorrido ingoiando l’angoscia.
«Torniamo dentro, altrimenti Ken butterà via i nostri drink.»
THE UNLOVED SERIE
Non Scegliermi – Nulla è come sembra
Vol.1
Non Amarmi – Tutto è come dovrebbe essere
Vol.2
Non Odiarmi – Tutto ritorna
Vol. 3
Questa è un'opera di fantasia. Nomi, persone, luoghi ed eventi narrati sono il frutto dell'autrice. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Questo libro contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall'autrice, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941)
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