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CAPITOLO 5

Non me lo so spiegare

POV DANIELLE

Il giorno dopo il padre di Linda ci accompagna al tanto famoso ‘posticino’ per fare colazione e lei non smette più di chiedermi aggiornamenti su tutto, anche su cose che vorrei restassero private.

«Allora, come va con Nick ora che c'è l'oceano tra voi?» chiede addentando un muffin al cioccolato.

Oh, no. Non mi va di parlare di lui, non mi va di parlare di nessuno.

«Mah, come prima. Non è che stavamo proprio insieme. Nessuno dei due aveva la reale intenzione d'impegnarsi sul serio con l’altro» rispondo sorseggiando la spremuta acidula. Meglio restare vaga.

«Ah, no? Anche dopo che ti ha regalato quella fedina? Eppure sembrava che fosse pazzo per te.» Certo, ma lo è più per Asia che per me. Mi stringo nelle spalle e basta. «Be’, buono a sapersi» sospira. Un sorrisino le spunta sul volto mentre porta il cappuccino alle labbra. Più la guardo e più mi rendo conto che è cambiata. Ma non solo lei.

Mi azzardo a chiedere informazioni sul suo rapporto con Logan e se per caso ci siano novità a riguardo. Per la sorpresa, sputa il cappuccino che si sta gustando. Mi manda una maledizione con annessi e connessi che incasso con gioia. «Sì, ecco. Dovremmo andare a Frankley a parlargli.»

«Dovremmo? Parlargli? Perché al plurale? Richard si è ravveduto?» Io a Frankley non ci metterò mai più piede.

«Perché tu vieni con me, anzi, mi ci porti. Hai la patente e hai pure la macchina» ribadisce lei. In effetti, questa ragazzina è la più sfrontata che abbia mai conosciuto.

«Ah, ora ho capito. Ma io ho la patente e non la macchina.» Ridacchiamo. È un’ottima amica, anzi la migliore, e le voglio un mondo di bene. È l'unica persona che mi sia stata accanto anche nei momenti difficili. Ma sa come mettersi nei guai e trascinarmi con sé.

«So come procurarmene una.»

Stabilito, malvolentieri, il giorno per andare a Frankley e le eventuali scuse per giustificare la nostra assenza, paghiamo e usciamo dal nostro 'posticino' cosi carino e invitante per ritornare alla monotona routine della scuola. Il SUV nero del dottore è già dall'altra parte della strada ad attenderci.

Questa volta Richard non c'è e ne sono felice e sollevata, visto che così ci siamo potute aggiornare su quello che ci è successo durante tutta l’estate. «Pensavo che lo sapessi» dice stupita Linda.

«No, non l'ho più sentito da allora. Mark me l’ha proibito e poi io non ero tanto desiderosa di parlargli» rispondo. Stiamo discutendo di Lucas e di che fine abbia fatto. Mi fa piacere sapere che, dopo aver lasciato la scuola, si sia iscritto alla facoltà di infermieristica e che stia svolgendo il tirocinio all’ospedale dove lavora il dottor Breenly. Sono lieta che almeno stia facendo ciò che ambiva.

Per il resto del breve tragitto, ascolto i discorsi tra padre e figlia. Io non ho nulla da dire.

La prima lezione della giornata è matematica e, al ricordo della ripetizione del giorno prima con Richard, mi stampo un sorriso beota in volto.

Se tutte le ripetizioni saranno così, allora sono fritta.

Sovrappensiero, mi chino a prendere il quaderno, ma mi accorgo che non è nello zaino. Credo sia rimasto sulla scrivania di Richard. Merda. Come ho fatto a dimenticarlo? Ah già, l'interruzione da parte di Miss Perfezione. In compenso ho riavuto il cellulare.

Strizzo gli occhi pronta al peggio, ma qualcuno bussa alla porta dell'aula. L'insegnante Hansel sbuffa pesantemente mentre va ad aprire.

«Vorrei consegnare questo quaderno alla signorina Brown» dice qualcuno, aggiungendo poi in tono più duro: «di persona» quando l’insegnante allunga la mano. Hansel accetta malvolentieri e fa entrare Richard che appare molto compiaciuto. Si dirige verso di me e, a pochi passi dal mio banco, si china porgendomi il quaderno. I suoi occhi sono divertiti e meravigliosi mentre le ragazze della classe incominciano a bisbigliare e ridacchiare per la sua presenza. Sì, è questo l'effetto che fa. «Questo dovrebbe essere tuo» mormora a bassa voce, «ci vediamo» e esce dalla classe. Mi giro verso Linda che ha assistito sbigottita alla scena. Deglutisce e, appena si riprende, mi domanda come mai il quaderno fosse nelle mani di suo fratelle. Inevitabilmente le racconto la verità.

Apro il quaderno e trovo tutti i compiti finiti. Non ci posso credere, l'ha fatto davvero. Gli occhi increduli di Linda fissano le pagine.

«Direi che ha fatto un buon lavoro» borbotta l’insegnante. Alzo lo sguardo e lo trovo davanti al mio banco a fissarmi. Sono nell’imbarazzo più totale e non so cosa dire. Lui non esita e si allunga per afferrare il quaderno. Lo sfoglia e controlla con scrupolo ogni pagina.

Un sorrisino gli spunta su quel volto inquietante. Guardo nuovamente Linda in cerca di aiuto e sobbalzo quando l’insegnante fa cadere il quaderno sul banco, provocando un rumore davvero fastidioso.

Merda, persino la scrittura è uguale alla mia.

***

«Dai, su, siamo in ritardo per ginnastica. Muoviti» urla Linda mentre mi sto sistemando i capelli, anzi, le extension in una coda alta.

Maledetta quella volta in cui ho deciso di farmele mettere.

Prendo un sorso d'acqua e mando giù le pastiglie di metà mattina. Le ultime due ore sono dedicate a educazione fisica e a quel presuntuoso strafottente di Turvs, l'insegnante.

Per fortuna quasi sempre ci lascia, liberi di scegliere gli esercizi da fare. Basta che nessuno lo interrompa nel suo pesante e faticoso sport preferito: chattare con le ragazze incontrate durante il fine settimana.

Questa volta, però, alla lezione, partecipa letteralmente tutta la scuola, a causa della mancanza di molti insegnanti.

I miei occhi si soffermano a scrutare ogni alunno, alla ricerca di qualcuno di familiare. Ad esempio, manca Richard. Lui ormai è al college, ma non riesco a spiegarmi la sua presenza in certe occasioni.

«Allora, ragazzi. Purtroppo la situazione è quella che è, quindi faremo una gara tra classi. Quella che si aggiudicherà più punti vincerà. È una vittoria virtuale, ovviamente» spiega Turvs. «Ogni alunno si dedicherà ad una specialità. Chi non ha nulla da fare prenda carta e penna e segni i tempi dei partecipanti. Incominciate a raggrupparvi e a decidere chi farà cosa. Stilate una lista e iniziamo» continua. Certo che se l'è studiata bene.

Dopo aver deciso che sarò io la rappresentante della mia classe, incominciamo, anche se la giornata minaccia pioggia. «Dimenticavo. Che i rappresentanti delle classi vengano da me» urla ancora Turvs.

L’insegnante ci informa che noi dovremo fare l’intero percorso e ci illustra le regole e, anche se più di qualcuno sbuffa, facciamo come ci dice. Sem non perde tempo a deridere la mia preparazione atletica e dubita fortemente che riuscirò a eseguire ogni esercizio.

«La piccola Brown s'è offesa?» continua a stuzzicarmi il ragazzo. Scuoto la testa in segno di disapprovazione e mi avvio verso l’inizio del percorso. «Io, Tom e il pivello ti diamo un po' di vantaggio. Chi sa? Magari entro cena arriverai al capolinea.» Ghigna. Dandogli le spalle, alzo il braccio e gli mostro il dito medio. Fottiti, Stunton.

POV RICHARD

Papà mi ha chiesto di andare a chiamare Linda e Danielle visto il loro ritardo.

Le trovo, dopo aver girato per tutto l’istituto, nel giardino sul retro, che stanno per esser premiate per non so quale gara.

Ridacchio davanti a questa scena e, quando tutti si dirigono negli spogliatoi, raggiungo spavaldo i ragazzi e mi diverto a sbeffeggiarli, o meglio scambio due battute con Sem.

«Ti sei fatto battere da una ragazza.» Mi siedo sulla panca e lo guardo mentre finisce di vestirsi. Nello spogliatoio c’è anche Tom, un ragazzetto davvero imbranato che avevo adocchiato qualche mese fa. Nulla da dire su di lui. È tranquillo.

«Sta’ zitto, Breenly. Non sai nemmeno cosa stavamo facendo. Ti ho visto mentre eri impegnato a pensare alla tua biondina» replica Sem. Sbuffo imbronciandomi. «Ah, no. È vero, ora c'è la morettina. Ho notato come i tuoi occhi le squadravano il culo. Un bel bocconcino. Me la farei anch'io» aggiunge poi. Stupido cretino che non è altro. Immagino però che non abbia pronunciato il nome di Danielle perché con noi c’è ancora quel pivello che sembra essere il ragazzo più lento del mondo.

«Provaci e vedrai! Ti avviso che ha un bel caratterino» rispondo cercando di mantenere un tono disinteressato, anche se non è così.

Ma come gli vengono questi pensieri? Lei non è il suo tipo.

«Come no? Secondo te, io mi prendo gli avanzi di Lucas?» parla quel... lasciamo stare. «Non sono come te che continui a stare con una che si è già fatta mezza scuola.» Sta cercando di farmi innervosire?

«Be’, mi dispiace darti brutte notizie, Sem, ma è quello che hai fatto tu andando a letto con Ashley, visto che sia io che Lucas ce la siamo scopata» lo contraddico. Lascia abbastanza a desiderare in quanto a intelligenza. Anche in furbizia.

«Ashley ti ha fatto solo un pompino e nulla di più» ridacchia pensando di avermi fregato.

«Be’, come ti senti, visto che hai baciato la bocca che me l’ha succhiato?»

«Sai, hai ragione, Breenly. È stato eccitante. Potresti ricambiare» e si avvicina. Addosso ha solo i boxer e la cosa m’inorridisce. Cerco di spingerlo lontano, ma fa resistenza.

«Sapete chi vorrei farmi io, invece? L'amica della piccola Brown. Quella con i capelli lunghi e scuri. Lei sì che non è passata sotto nessuno di voi due e di questo Lucas. Ne sono sicurissimo» interviene Tom distraendoci dal nostro scherzoso litigare.

Cosa?

Mi volto verso di lui e lo guardo torvo. Non deve parlare così di mia sorella. Sem ridacchia e lo invita a stare zitto ma lui prosegue rivolgendosi a me. «Che c'è? Hai messo anche tu gli occhi su di lei? Ha due tette favolose e un culo che parla» continua dando aria a quella boccaccia. Non smette più. «Mi dispiace, ma me la farò prima io. E poi è molto ambita.» Non ci vedo più. Scosto Sem, scatto in piedi, salgo sulla panca e mi fiondo su di lui afferrandolo per il colletto della maglia. Gli urlo di rimangiarsi tutto ciò che ha detto, ma lui si rifiuta. Non cambia idea nemmeno quando lo minaccio. Si azzarda a insinuare che provo interesse per lei e che la ragazza mi abbia respinto. Non ci vedo più e lo colpisco sul naso.

«Cazzo, Tom, sta’ zitto! È sua sorella» strepita Sem cercando di dividerci.

Ci riesce per pura fortuna. Si piazza tra me e lui e, anche se ha indosso solo i boxer, non esita a trattenermi. «Esci prima che qualcuno venga a sapere che sei qui» mi bisbiglia all’orecchio. Nessuno, al di fuori di me, l’ha sentito.

«Avvicinati a lei e giuro che sei morto» sibilo verso Tom prima di andarmene.

So come funziona. So che Linda, perché è mia sorella, fa più gola, soprattutto a chi pensa di entrare nel Clan. Per non parlare del fatto che è fidanzata con... Cazzo.

Esco dalla scuola e raggiungo il SUV di mio padre che, stupito dal mio ritardo, mi fa il terzo grado. Non rispondo, ma ringrazio il cielo che le ragazze abbiano avuto un tempismo perfetto per entrare in auto.

***

«Te lo giuro, papà. È cambiata, non sembrava nemmeno lei. Ha eseguito tutti gli esercizi senza fiatare. Ha perfino aiutato quel povero ragazzo. Lo avrà chiamato 'coso' una ventina di volte. 'Coso, sta’ zitto; coso, vieni qua; coso, va’ di là'. Davvero divertente.» racconta Linda quando siamo tutti e tre in cucina.

Come se chiamarlo così potesse essere di aiuto.

«Ne sono contento» sospira nostro padre. Lo guardiamo strano per ciò che ha detto. Sentendosi osservato si blocca. «Sì, del cambiamento di Danielle, intendo dire» si riprende posando l’insalatiera sul tavolo. Mia sorella scoppia a ridere e io scuoto la testa. La mano mi fa un male cane.

«Senti, Ciciad. Dan mi ha detto che sei arrabbiato con lei. Perché?» I suoi occhi indagatori su di me mi fanno irritare ancora di più. Anche se mia sorella non c'entra nulla, le parole di quel cretino mi rimbombano in testa, rendendomi ancora più arrabbiato con tutti. Lei è mia. Lei è di Logan e non va toccata. «Ehi» e appoggia la mano sul mio braccio provocandomi ancora più dolore. Lo ritraggo velocemente.

«Sei di Logan, hai capito?» ringhio. Il pensiero prende voce senza volerlo. Cazzo, ho pensato a lui? Ma che diavolo di problemi ho?

«Cosa?» Sbuffo e me ne vado dalla cucina prima che lei possa parlare ancora.

Rinchiudermi in camera è la cosa migliore, almeno qui non farò danni e non rovinerò la giornata a nessun altro al di fuori di me stesso. Non posso accettare che le mie decisioni, le mie scelte ricadano su mia sorella. Di nuovo. Mi siedo sul letto e impugno il cellulare. Cerco il suo numero e lo fisso. Non so perché, ma quel ragazzo mi manca. Certo, non ha fatto un'ottima mossa a nascondermi la sua relazione con mia sorella. È stato così difficile scoprire che le sue confidenze riguardavano la mia Linda.

Sospiro e mi distendo sul letto.

***

Un bussare insistente alla porta mi sveglia di soprassalto. Non ricordo nemmeno di essermi addormentato, ma è una cosa plausibile se penso che dormo sì e no quattro ore a notte ormai da anni. Mezzo assopito, vado ad aprire.

La figura imponente di Sedrik mi fa tornare in mente il giorno prima, quando è venuto a dirmi che Sarah era in salotto. Lo guardo imbambolato.

«Mica c'è una signorina bionda nel soggiorno anche oggi?» Ridacchio stropicciandomi gli occhi. Ma lui non reagisce alla mia battuta, resta sempre e comunque serio. Solo Dan riesce a farlo sorridere. Scuote la testa e allunga la mano verso le scale. Lo precedo.

Non aspetto nessuno, anzi sì, ma penso che non verrà. Infatti Dan pensa che sia arrabbiato con lei.

Appena entrato in salotto, la vedo lì, seduta sul divano con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani unite. Lo sguardo fisso sul caminetto e un’espressione abbastanza triste. I lunghi capelli, stranamente bagnati, sono sciolti sulle spalle. Ogni tanto sospira e chiude gli occhi per riaprirli di scatto. Le sue labbra mimano veloci delle parole confuse. Si volta verso di me, sgrana gli occhi, deglutisce e si alza all’improvviso non appena la richiamo con un colpo di tosse.

«Che t'ho fatto?» chiede battendo le mani sui fianchi. Mi acciglio senza capire. «Ieri, oggi. Cambi umore in un modo ininmaginabile. Prima non mi parli, poi mi tratti male, mi abbracci e dici cose dolci, mi fai i compiti, poi ci provi sbattendomi sulla scrivania, mi baci e non sei per nulla volgare; poi mi mandi via e mi dai della ragazzina, se non peggio. E non parliamo di oggi. Ti presenti a scuola, anche se ormai tu dovresti essere al college, e mi consegni il quaderno. Diavolo, Richard, mi hai finito i compiti. Che t'ho fatto per meritare quell'occhiataccia?» Parla come una mitragliatrice, salta di argomento in argomento senza un filo logico.

Mi avvicino e lei continua facendo mezzo passo all'indietro. “Mi hai fatto i compiti imitando la mia scrittura. È inquietante, Richard.” I suoi occhi sono su di me, ma non mi sta guardando in faccia.

«Calmati, mi sono appena svegliato» la interrompono avvicinandomi di qualche passo ancora. Lei torna a indietreggiare fino a trovare la poltrona che la blocca.

«No, che t'ho fatto? Me la stai facendo pagare per quel fine settimana a Orlando? O perché ti ho respinto? Se è così, dimmelo perché io...»

«No. Io...»

«Mi hai fatto i compiti, dannazione. Ma perché? Potevi fregartene come al tuo solito e lasciarmi nella merda. Ma tu no. Mi hai fatto i compiti. Richard, mi hai fatto i compiti» continua tendendo la mano in avanti per bloccarmi. Il suo palmo entra in contatto con il mio petto e un brivido mi percorre la schiena. Non smette più di parlare a vanvera e l'unica cosa che voglio è che stia zitta. Si spinge a dire che questo è il mio modo per farle capire che la voglio distruggere psicologicamente.

L’afferro per il polso e la attiro verso di me. Lei non si oppone. L'abbraccio, la stringo a me con dolcezza e appoggio la guancia sulla sua testa.

«Dan, zitta» sussurro. «A Richard piace molto quando stai zitta.»

«Parli di te in terza persona?» chiede subito. È immobile, non ricambia l’abbraccio e la cosa mi ferisce.

«Se tu dici ininmaginabile, io parlo di me in terza persona» ridacchio e lei con me.

«Lo sbaglio sempre quando sono agitata.» Le spiego che non sono arrabbiato e che in quel momento mi è sembrata la cosa migliore da fare vista l’interruzione di Sarah, ma di stare tranquilla che non accadrà più, se la cosa la turba.

«Ci andremo piano, ok?» sorrido sperando che accetti. «Vuoi fare lo stesso le ripetizioni?» sussurro dopo qualche sospiro. Lei annuisce leggermente.

«Altrimenti sei nella merda. Giusto?» mormora dolce. Le sorrido e annuisco. Ha colto nel segno. Sono nella merda perché sono uno sfigato totale e questo è l’unico modo per averla al mio fianco. «Allora ti paro il culo come tu hai parato il mio» ridacchia. Sorrido e alza la testa per guardarmi. Alla fine i suoi occhi mi fissano e sono la mia rovina. Mi mordo il labbro inferiore smorzando la voglia di azzerare la distanza tra noi. Strizzo gli occhi e le do una pacca sulla spalla invitandola a seguirmi.

La scelta giusta da fare. Dimenticare tutto ciò che è successo tra noi e comportarmi come se nulla fosse. In fin dei conti è quello che vuole lei e, se anche non volesse, io non la forzerò in nessun modo.

Oppure le dai tempo e vedrai che cederà… prima o poi.

Dopo circa un’ora di compiti, il suo cellulare inizia a squillare. Si ferma a fissare lo schermo, come se fosse intimorita da chi la sta chiamando. Lascia che smetta di suonare e lo rimette in tasca. Riprende con il compito di matematica senza parlare, ma si vede che è distratta, continua a cancellare i numeri.

Una volta finito, mi raggiunge vicino al letto porgendomi il quaderno con fare stranamente timido.

Ha cambiato di nuovo umore? Forse si vergogna ancora per la piccola sceneggiata in salotto.

Il telefono ritorna ad illuminarsi, lo noto attraverso il tessuto sottile della tasca della felpa, anche se ha tolto sia la vibrazione che la suoneria.

«Ti dà fastidio?» chiedo indicando la sua tasca illuminata. In risposta, chiude gli occhi e sospira. Qualcosa non va.

Con uno scatto La afferro per la mano attirandola a me e prendo il cellulare, scoprendo così il mittente delle molteplici chiamate. Nick. Con mio stupore, Danielle non si oppone al mio gesto e tanto meno al fatto che rispondo alla chiamata.

Lo faccio senza sapere bene che tono usare. I miei occhi sono fissi su di lei.

«Lei dov'è?» chiede subito Nick. Le sue parole suonano dure, ma avverto anche una vena di dolcezza ed esasperazione.

«Qui.» Danielle stringe la mia mano come se avesse paura.

«Qui dove? Chi sei?»

«Mi stupisci, biondino. Ti sei già dimenticato di me? Eppure ci siamo parlati pochi giorni fa» replico. Solo ora mi riconosce. Giuro di avere sentito i suoi occhi alzarsi al cielo. In fin dei conti, è divertente che mi dia ordini pretendendo di parlare con Danielle. «Senti, ti do un consiglio, lasciala in pace. Quando vorrà ascoltarti, si farà viva lei. Così peggiori solo le cose» lo rassicuro. Questo è quello che farò io.

Io che offro consigli? E poi proprio a lui?

Nick mi supplica dicendo che vuole solo parlarle per spiegarle alcune questioni su cui non ho intenzione di mettere il naso. «Dalle tempo, qualsiasi cosa sia successa. Quando sarà pronta, ti chiamerà. Non stressarla di continuo, non le giova e la distrai dallo studio» continuo a consigliarlo. Sinceramente, non mi è mai capitato di comportarmi così. L'unico suggerimento che mi frulla per la mente è quello di mandarlo a quel paese, prima che lo faccia Danielle.

«Senti, noi non siamo amici, ci siamo presi a pugni e forse ci odiamo per non so quale motivo. Ma promettimi una cosa. Tienila sotto controllo, io la amo» mi confessa. Allento la presa dallo stupore. Quindi lui la ama? La ama? Guardo Danielle che continua a tenere gli occhi socchiusi e le labbra tra i denti, come se trattenesse le lacrime ripercorrendo ciò che è successo con Nick. «Ci tengo troppo a lei per perderla e non capisco perché sia scappata quando gliel’ho rivelato» continua. Nel momento esatto in cui ha detto quelle parole, io le ho pensate. Stringo la presa attirando la sua attenzione. So benissimo che ha sentito ogni singola parola che ha detto quel figlio di papà.

«Anch'io, e per questo ti dico di darle tregua» ho il coraggio di mormorare prima di riattaccare. Chiudo gli occhi e sospiro. Non lo so, mi sento arrabbiato per le rivelazioni di Nick.

«Che t’ha fatto?»

«Che t’ha detto?» chiede sovrapponendo la sua domanda alla mia. Sbuffa e scuote la testa, forse per liberarla dai brutti pensieri, e mormora qualcosa iniziando a dondolarsi sui talloni. Strattona leggermente il braccio e si volta per prendere le sue cose, ma l’afferro per il polso, bloccandola. La tiro a me e l'abbraccio. I nostri visi sono vicini e i miei occhi si perdono nei suoi.

«Ciao» le mormoro sorridendo. Sta tremando e ha il fiato corto. «Non ci vediamo da tanto tempo.» Sbuffa lievemente, nulla di più. La mia mano le accarezza il volto, tentando di rilassarlo. «Non voglio farti del male. Se mi fai un sorriso, ti lascio andare» le assicuro.

Esita, forse per quello che è successo con quel dannato 'figlio di papà' o perché, ed io preferisco credere che sia così, non vuole sciogliersi dal mio abbraccio.

Sorride qualche istante più tardi, ma non è un sorriso sincero. La libero dalla mia stretta e lentamente sguscia via per scomparire poi nel corridoio, lasciandomi solo con il mio vuoto e il suo cellulare.

***

*sogno*

Notte fonda. Uno strano bisbigliare mi sveglia di soprassalto. Scendo cauto dal letto e mi dirigo verso la porta, aprendola. In corridoio mi fermo davanti alla stanza di Linda. Dalla fessura tra il pavimento e la porta filtra una fioca luce rossastra. Apro di scatto e vedo ciò che già sapevo ma ho cercato di negare fino a questo momento.

«Tu non puoi capire» strilla lei.

«Cosa non posso capire? Tu sei caduta e lui è inciampato? Ma fammi il piacere» le urlo in risposta.

«Richard, smettila di avercela solo con lei. Le cose si fanno in due.»

«Sta’ zitto, sta’ zitto. Esci da questa casa, esci dalla mia vita» grido al ragazzo mentre i singhiozzi di mia sorella si fanno sempre più frequenti.

«Smettila...»

«No, smettila tu. Ti credevo un amico e invece ti ritrovo nel suo letto.» È come ha detto Kevin, vuole solo sorpassarmi.

«Io la amo, la cosa è diversa. Quel fottuto Clan non c'entra nulla, lo vuoi capire?» sbraita Logan prima che il mio pugno lo colpisca al volto.

Mi sveglio all’improvviso con il ricordo di quella scena. Logan, il mio migliore amico, e mia sorella che ho colto in un momento di estrema intimità. Mi giro più e più volte nel letto finché, rassegnato, mi dirigo in bagno.

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