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Capitolo 7

Non so cosa mi aspettassi. Forse sarei stata trascinata in casa e gettata ai piedi di Vandor, come il giorno prima, forse sarei finita nel suo ufficio. Ma non mi hanno portato nel suo ufficio.

Ricordo a malapena di essere stato trascinato su per le scale fino al primo piano. L'orrore dell'esperienza è stato così grande che i brividi non sono passati, anzi, sono peggiorati. Non mi resi subito conto di essere davanti alla porta della mia stanza al primo piano e ripresi i sensi solo quando fui spinto all'interno. Quando sentii il rumore della chiave che girava nella serratura, mi girai e feci un passo tremante verso il letto. Mi sono inginocchiato al centro della stanza come se fossi caduto. Mi misi una mano sulla bocca e piansi quasi in silenzio.

Mi facevano male i seni, sentivo ancora le dita di qualcun altro tra le gambe, un tocco ruvido e disgustoso, e il mio corpo si sentiva sporco e appiccicoso. Volevo più di ogni altra cosa mettermi sotto l'acqua calda e lavarmi via il sudiciume, ma prima dovevo alzarmi. Alzarmi in piedi in quel momento non era possibile.

Poche ore prima questa stanza mi era sembrata una prigione, ma ora pregavo che la porta rimanesse chiusa. Senza asciugarmi le lacrime, guardai verso l'uscita, come per assicurarmi di essere al sicuro. Mi portai le ginocchia piegate ai piedi e vi appoggiai la fronte, singhiozzando di nuovo. "Questa è una vita? In questo modo, con una paura costante? Sapendo che ogni vostra trasgressione sarebbe stata punita? Che eravate una creatura esclusa, destinata solo a compiacere il proprio padrone?

No. Non voglio farlo, non posso! È meglio che la faccia finita. Mi alzai dal pavimento e barcollai in bagno. Mi guardai intorno, cercando freneticamente qualcosa da usare come... qualcosa per farlo smettere. Il suo sguardo si posò su una vestaglia di seta bianca. Se si prende una fascia e la si lega a qualcosa...

Tirò fuori la cintura dai suoi passanti, la strinse nel pugno e la gettò quasi subito a terra. Si coprì di nuovo la bocca con il palmo della mano e singhiozzò. No! Voglio vivere, amo la vita. Perché devo farlo? Perché devo farlo? Le mie spalle tremarono convulsamente e scossi la testa, senza sapere perché. No!

Andai in bagno ed entrai così com'ero, con il mio vestito. Aprii l'acqua e solo allora cominciai a spogliarmi. Il vestito si appiccicava al mio corpo e mi sembrava che non fosse affatto il vestito, ma tutte le cose brutte che avevo passato. Era come se sentissi di nuovo il tocco delle mani lussuriose di un uomo, le dita ruvide, le labbra insistenti, e questo mi stava portando alla frenesia, all'isteria.

Tirai indietro le gambe fino al petto e mi rannicchiai sulle ginocchia. Espirai rumorosamente. I piedi mi bruciavano per le ferite, e probabilmente era l'unica cosa che mi manteneva reale, che impediva alla mia mente di offuscarsi. Voglio vivere. Voglio vivere. Solo... Piagnucolando sommessamente, mi morsi la pelle del ginocchio. Per non pensare, per non ricordare. Dimenticate questo giorno, come se non fosse mai accaduto. Come se tutto quello che era successo dopo la mia fuga fosse un incubo lontano. Per dimenticare. E di non fare più cose avventate. Matvey, Dio... Dovevi riscattarmi! Perché non l'hai fatto? Perché non sei venuto a prendermi?! Mio caro Matvey...

Sapevo di non avere scelta. Avrei preferito arrendermi volontariamente, sottomettermi alla volontà di Wandor, piuttosto che passare quello che avevo passato stamattina. Perché stamattina aveva cambiato idea, ma se fosse successo di nuovo... Mi sentii male allo stomaco e dovetti fare un respiro profondo per calmarmi. Il respiro era affannoso, affannoso. Raddrizzai le gambe, mi girai di lato e mi immersi nell'acqua fino al mento. Fissai la parete nera della vasca e in qualche modo pensai che in quel momento dovevo interpretare il ruolo di una perla. Perla...

Nessuno è venuto a trovarmi per tutto il giorno. Mi calmai un po', anche se tremavo come se fossi stato frustato a ogni rumore che proveniva da sotto la porta. Il sole aveva raggiunto lo zenit fuori dalla finestra e cominciava a tramontare, e gradualmente il crepuscolo cominciò a coprire la casa. Per tutto il giorno ho avuto molto sonno. Le lacrime e lo shock emotivo dovevano avermi prosciugato tutte le forze, ma la tensione costante e la sensazione di paura mi tenevano sveglio. Chiusi gli occhi e rabbrividii immediatamente. La stanza era di nuovo la mia prigione. Era come se fossi stato dimenticato, e questo mi infastidiva. Perché non credevo che Wandor si fosse davvero dimenticato di me. Cosa stava aspettando? Cos'era, uno di quei trucchi psicologici studiati per portarmi sull'orlo del baratro? Sono già in fibrillazione. Vorrei che fosse venuto subito, vorrei che avesse fatto quello che voleva...

Seduta accanto alla finestra, fissavo l'orizzonte del tramonto rosso sangue. Avrei mai avuto un'altra goccia di libertà? Non avevo visto così tanto in vita mia, non sapevo... Maledizione, mi dispiaceva per me stesso! Mi sono dispiaciuto per me stesso! Perché sapevo che non mi aspettava nulla di buono. Eppure il mio cuore sciocco, la mia anima, in parte ingenua, sperava ancora in qualcosa. E ho sperato. Per cosa? Non lo so... Sapevo solo che se quella speranza fosse morta dentro di me, sarei morta anch'io.

La chiave nella serratura girò e io mi girai bruscamente, con tutto il corpo teso in un istante. Una cameriera entrò nella stanza. La guardai con aria interrogativa. Avevo fame e segretamente speravo che mi portasse del cibo, ma le sue mani erano vuote.

- Il signor Vandor Alexandrovich la sta aspettando", disse con voce indifferente, aspettando che mi avvicinassi.

Non l'ho tirato. A quale scopo? Insieme a un altro attacco di paura, mi sono sentita sollevata. Questo è quanto...

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