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Capitolo 12: Ci siamo divertiti ieri sera

L'alba stava per sorgere ed era chiaro che non aveva mai avuto intenzione di ucciderlo. Era giunto il momento di porre fine a tutto. Si alzò dolcemente dal letto e disse: "Una notte di tortura è sufficiente; ti mostrerò un po' di pietà".

I suoi occhi si illuminarono. Si era divertita abbastanza? La sua rabbia si placò un po'.

Fece una telefonata alla reception e poi si diresse in bagno, presumibilmente per preparare qualcosa. Di lì a poco suonò il campanello. Aurora aprì in fretta una fessura della porta, prese qualcosa e tornò di corsa in bagno.

"Non c'è bisogno di prepararsi troppo! Vieni qui!", gridò l'uomo con rabbia.

Aurora uscì dal bagno, portando con sé una bacinella d'acqua. "Avete aspettato abbastanza, signore!". Gli gettò l'acqua addosso, schizzando tutti i cubetti di ghiaccio sulla parte inferiore del corpo.

"Il fuoco è spento ora?" Chiese Aurora, tenendo la bacinella e guardando l'uomo sul letto, con l'umore apparentemente migliorato.

"Sei spietato!" L'acqua gli gocciolava addosso, tutto il suo corpo era raffreddato perché l'aria condizionata era già accesa. La doccia fredda aveva placato le reazioni del suo corpo, lasciandolo tremante, ma finalmente calmo.

Aurora sorrise leggermente. "Grazie per il complimento".

Si cambiò e indossò un abito diverso, dopo aver indossato un vestito sexy la sera precedente, appositamente per una serata fuori. Il suo stile abituale era diverso: indossava con disinvoltura una gonna bianca ed eleganti tacchi a spillo. Immediatamente il suo stile si trasformò, emanando un'innata nobiltà.

Raccolse il telefono dell'uomo che era caduto a terra, lo sbloccò e trovò il contatto della sua assistente nella rubrica. La chiamata fu inoltrata e una voce seria ma rispettosa rispose: "Signore, dobbiamo andare ora?".

"Il tuo capo ha bevuto troppo ieri sera. Vieni a prenderlo all'Albergo Sesto, stanza 8802. Oh, portategli dei vestiti...".

Aurora gli lanciò un'occhiata; il suo stato di miseria era evidente, dato che i suoi capelli gocciolavano ancora acqua. "Sono solo un passante di buon cuore".

Dopo aver terminato la telefonata, raccolse le sue cose e tirò fuori una pila di soldi dal portafoglio. Guardando l'uomo che la fissava dal letto, sorrise con innocenza. "Ci siamo divertiti ieri sera. Diciamo che siamo pari", disse, spargendo i soldi su di lui e allontanandosi.

La guardò andar via, poi all'improvviso gli venne un sorriso. "Aspetta, come osi trattarmi così? Non sai chi sono?".

Aurora lo sentì ma non smise di camminare. Si schernì: "Che importanza ha chi sei?". Lui non aveva più importanza per lei!

Aurora entrò nell'atrio. "Tra poco arriverà qualcuno; dategli il biglietto".

"Certo, signorina".

Rinfrescata, Aurora uscì, dopo aver affrontato due vecchi nemici da quando era tornata al paese. Il destino sembrava giusto.

Uscendo dall'albergo, vide Cecilio salire su un'auto, ignaro degli eventi della notte scorsa. Sistematosi sul sedile del passeggero, si sfregò la testa ancora stordita, avendo bevuto troppo la sera precedente.

Aveva sognato Aurora e il pensiero di lei gli procurava una dolorosa fitta al cuore. Non aveva avuto la possibilità di spiegarle le cose prima che lei partisse, e ora probabilmente non aveva più importanza. Gli errori del passato erano diventati realtà: ora stava davvero con Susana.

Guardando lo specchietto retrovisore, vide una donna in abito bianco. "Aurora!" Il suo volto si illuminò. "Ferma la macchina, ferma la macchina!".

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