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Capitolo 2. Vladimir

Mi sento un completo idiota. Il mio cazzo è ancora in piedi come se avesse preso il Viagra.

Volevo punire quella sgualdrina sfacciata che aveva ficcato il naso nei miei affari.

E mi guardò come se fossi un pezzo da museo.

Come guardava il cazzo? Come se lo vedesse per la prima volta.

È strana. Ordinaria. È solo una cameriera, come tante altre cameriere. Basta sfiorarle con un dito. Non sono solo pronte a succhiare cazzi, sono pronte a sposarsi. Tutto per non fare nulla nella loro inutile vita.

Anche Angelina era così. L'ho capito troppo tardi. Ora sono seduto qui a pagarne le conseguenze.

Anche lei è così. Sta solo cercando di vendersi. È una schifezza. Spero che abbia 18 anni. Mi metteranno in prigione solo per aver pensato in che posizione metterla. Le alzo le gambe e la metto dentro.

Respiro profondo. Espirare. Fantasticare in questo modo non aiuterà l'eccitazione.

Sono seduto qui a chiedermi chi chiamare. Non mi sento a mio agio a chiamare l'autista. Non importa quanto sia leale, è destinato a spifferare tutto quando è ubriaco. David? Il suo socio in affari e migliore amico? Posso farlo io.

Compongo il numero e sento un lungo bip. Non c'è da stupirsi. Se fosse andato a trovare sua moglie, non avrebbe risposto al telefono.

Rimane mio fratello. Si farà una bella risata, ma non lo dirà a nessuno.

- Artem, - risponde subito al telefono. - È occupato?

Non possiamo dire di socializzare molto. Ma siamo uniti. Anche se siamo fratellastri materni.

- No, fratello. Cosa c'è che non va?

- Non posso semplicemente fare una telefonata?

- Tu? Non scopi nemmeno per niente", ride e io faccio una smorfia. Fottuto burlone. - Ok, ok, ho capito. Cosa c'è?

- Puoi venire - scopare, e come dirlo. - E porta i pantaloni. I pantaloni sarebbero meglio. Comunque non indosserò i tuoi jeans. Sono bloccato in un bar. Nel bagno. Ti ho già mandato l'indirizzo.

Un secondo. Un altro. Un terzo. Comincio a temere che mio fratello sia svenuto. Ma no, in un attimo riattacco il telefono, perché il boato potrebbe rompermi i timpani.

- Pantaloni? - ride di nuovo. È contagiosa, ma vorrei dargli un pugno. - Cosa è successo ai tuoi? Li hanno mangiati i concorrenti?

- Io stesso mangio i miei concorrenti a colazione.

- Ok, mi servono i sordidi dettagli di come il mio perfetto fratello maggiore ha perso i pantaloni. No, ascolta, posso segnare questo giorno sul calendario? Perche' di solito sei tu che aiuti e insegni, e questo... Wow, pantaloni.

- Artem, la smetti di ridere? O hai riunito tutti i parenti lì per divertirti?

- No, no, sono solo. Anch'io non porto i pantaloni. Vuoi che me li tolga in segno di solidarietà?

- Fanculo, voglio disconnettermi. Ho trovato anche qualcuno da chiamare. Il clown.

- Oh, aspetta, aspetta. Scusami, ti sto immaginando senza pantaloni e mi fa ridere", sembrava che stesse piangendo dal ridere, ma poi si calmò. - Ehi, senti. È almeno carina?

- Chi? - È una domanda stupida.

- Quella che ti ha lasciato senza pantaloni. Devi averla desiderata così tanto da permetterle di spogliarti in un luogo pubblico.

- Mi fa incazzare, stronza. E' una specie di guerriero, ma è intelligente.

- Allora, che succede?

Non so nemmeno cosa dire. Polina. Kulikova. La battaglia di Kulikova, non una ragazza. Non era bella nel senso convenzionale del termine. Ma i suoi capezzoli spiccavano così tanto che mi chiesi di che colore fossero. La gonna mi permetteva di vedere le sue gambe, che sarebbero state benissimo sulle mie spalle. Da un po' di tempo non mi piacevano le brune, ma questa la perdonavo.

Ma soprattutto gli occhi. Grandi. Incorniciati da lunghe ciglia.

Blu, come l'oceano in cui mi piace immergermi. C'era qualcosa di selvaggio in loro che volevo domare. Volevo domare lo squalo vivace che mostrava i denti e scodinzolava.

- Volodya?

- Normale. Vieni o rimango qui fino a domani?

- Sono uscito mentre stavi pensando a cosa dire della tua ragazza.

- Non è la mia ragazza. È solo una ragazza qualunque che ha bisogno di una lezione. - Ha bisogno di una lezione.

Artem ride e io mi scollego, prendendo il telefono e guardando le cose che mi sono perso a causa di quel moccioso. La cosa più importante è vedere mio figlio. Il resto può aspettare.

- Mamma, - spero che non mi senta andare al bagno. - Come sta Timur?

- Non c'è problema. Sta solo facendo i compiti. Quando risolverai la tua Angelina?

- Risolverò tutto, ma lei è sua madre e lui la ama.

- Lasciatelo stare con noi per un po'. Tanto io vado in città ogni mattina. Prokhor lo andrà a prendere.

È una buona idea, anche se mi vergogno di fronte a mia madre. Ho le mie preoccupazioni.

- Posso rispondere anch'io, non preoccuparti.

- Trattare con una moglie che mette l'amante prima del figlio. Vuoi parlare con tuo padre?

- Non ora. Dite a Timur che sarò lì presto.

- Ok, cos'e' questa eco? Mi stai parlando in bagno?

- No, certo", spensi quasi subito e feci roteare il telefono in mano, pensando già a come e in quali posizioni mi sarei vendicato di Polina.

Dobbiamo solo trovarla.

Non sono certo un fan del BDSM, ma non mi dispiacerebbe punirla e sculacciare il suo culo sodo.

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