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Capitolo 1

Yaroslava

La tarda serata intorno al castello dell'alfa del clan dei lupi neri era insolitamente rumorosa. Certo che lo era. Il padrone del territorio doveva tornare da un momento all'altro e io lo aspettavo con grande impazienza, contando ogni battito del mio cuore in attesa dell'arrivo del licantropo. Come potevo non farlo? Il lungo viaggio era stato ritardato per mesi a causa della pulizia del clan. Non sarei rimasta lontana dal mio amato nemmeno per un secondo se non fosse stato per mio figlio di cinque mesi e per il possibile pericolo di stare vicino al Supremo mentre lui si ripuliva dopo tutti gli ultimi eventi in cui ero stata coinvolta.

Davanti a noi apparve un'intera processione di auto in movimento, tra le quali spiccava l'auto sportiva arancione metallizzata tanto adorata da Ian.

Non potevo aspettare, comunque!

Corsi verso mio marito, solo per accorciare l'eternità dei secondi che mi mancavano per poterlo toccare. L'auto si fermò davanti a me e Ian scese immediatamente.

- Yaroslava! - Ringhiò, ma smise subito di parlare, aspirò l'aria che fece brillare i suoi occhi neri e mi strinse in uno stretto abbraccio.

Un attimo dopo, strinse le sue labbra sulle mie in un bacio avido. A stento mi distinguevo per la moderazione, rispondendo con la stessa avidità, con tutta la fame e il desiderio del mio compagno che mi avevano consumato per tutti i giorni e le notti in cui eravamo stati lontani.

- Ti voglio. Ora", chiese francamente, con le dita che scavavano sfacciatamente sotto la maglietta dell'uomo.

Ian si staccò dalle mie labbra e sorrise, togliendosi in un solo gesto la parte di vestiti che ci intralciava entrambi.

- In questo caso, corri, Jarusik", ansimò eccitato, "e più veloce che puoi.

L'oscurità dei suoi occhi fu finalmente inondata dall'oro della bestia.

Era inquietante e mi fece scendere un formicolio di desiderio nello stomaco. E chi sapeva quanto sforzo ci voleva per essere obbediente, e quindi staccarmi dall'alfa, e...?

Per dove?

Ci sono almeno 400 gradini per arrivare alla camera da letto del terzo piano. Non sono così veloce. E mio figlio dorme lì.

Sono andato nel bosco. È molto più vicino. Ho perso le scarpe mentre mi dirigevo verso gli alberi più vicini, ma quasi non me ne ricordavo, spinto dall'attesa di ciò che sarebbe venuto dopo.

Tutti sanno che non si può scappare dal lupo. Prima o poi ti raggiungerà. E sì, mi piace infrangere questo divieto tacito.

Perché quando mi cattura.

Tutti questi pensieri furono spazzati via dalla mia testa non appena sentii l'ululato di avvertimento dell'alfa del clan dei lupi neri, che mi diede chiaramente un vantaggio prima di precipitarsi su di me.

E non è che non ne abbia approfittato.....

Comunque non è andata lontano.

Quando aggirai alcuni alberi, premetti la schiena contro la corteccia ruvida, respirando rumorosamente e pesantemente. No, non perché fossi stanco di correre. Immaginavo troppo vividamente come il licantropo mi avrebbe presto stretto ancora di più contro il tronco della quercia, poi mi avrebbe liberato dai vestiti, bruciando ogni cellula della mia pelle al tocco dei suoi palmi caldi, e l'agonia dentro di me avrebbe bruciato la mia mente fino a terra nelle stesse fiamme che ero pronta a bruciare per sempre, perché non sarei stata sola in questo.... E sì, bastava un movimento brusco delle sue mani e il mio vestito veniva ridotto a brandelli, che l'alfa gettava via già nella realtà. Assorbii avidamente ogni contorno dei suoi muscoli, la grazia e la forza predatoria che emanava da lui. Com'era... inimmaginabilmente perfetto. Mio.

- Ian..." uscì dalla mia bocca implorando me stesso.

A malapena comprensibile. Tutto dentro di noi si stava arrotolando in uno stretto nodo di desiderio di molto di più. Proprio così. Ruvido e duro. Così vivido e indimenticabile. Così che per molto tempo rimase impresso nella mia coscienza, soppiantando tutto il resto come assolutamente non necessario e non importante. Qui e ora esisteva solo lui per me. La sua prima spinta dentro di me fu uno stigma inamovibile che rese impossibile dimenticare cosa significasse sentire la vicinanza del suo compagno in modo così acuto da poter impazzire.

L'ho fatto.

Purché il piacere che mi inondava durasse il più a lungo possibile. Più profondo. Più penetrante. In modo che non rimanga altro che questa euforia. Che si cancella e si trasforma in nulla.

Credo di aver fatto più che implorare. Forse ho urlato. A voce piuttosto alta. Senza sentire la mia voce. Nella mia mente rimase solo il rilascio, che portò con sé la leggerezza e il dolce oblio dell'orgasmo che ne derivò.

E poi, un po' di tempo dopo, ho trovato la forza di emettere un messaggio silenzioso e leggermente in ritardo:

- Ciao", gli ho appoggiato il naso sul collo, respirando a fondo il suo profumo nativo, abbracciandolo con entrambe le braccia intorno alle sue spalle forti, ringraziando mentalmente il mondo che Ian fosse tornato da me.

- Ciao", disse l'uomo a bassa voce, tirandomi più forte contro di lui. - Mi sei mancato terribilmente, non ci credi?

Lo faccio.

Ma...

- Non quanto me", sorrisi, premendo le labbra sul segno che avevo lasciato su di lui.

Era ancora dentro di me, ancora eccitato, e mi venne naturale pensare che ne avevo abbastanza di questa conversazione. Ma Ian, con un ringhio, si staccò bruscamente.

- Dobbiamo tornare indietro", spiegò in tono colpevole. - C'è qualcosa di urgente da fare. E poi sono tutta tua, per quanto tu mi voglia.

Ingoiai tutte le mie obiezioni, la sua voce sembrava troppo seria, anche se era difficile stare in piedi da soli.

- È successo qualcosa? - accigliato.

- Più o meno", brontolò Ian, allontanandosi da me e mettendosi in ordine i vestiti. - Devo operare subito qualcuno.

Ora sono molto teso.

- Qualcuno è gravemente ferito?

Il fatto che anche mio marito fosse un neurochirurgo lo ricordavo solo di tanto in tanto, dato che raramente prendeva in mano un bisturi. E quasi sempre quando la situazione era difficile.

- Non è grave, ma il nostro paziente è troppo diffidente. L'ho convinto a malapena a venire qui. Quindi dovrai essere qui anche tu.

- Io?" chiesi, completamente smarrito.

Si era sistemato i vestiti e avrebbe potuto andarsene subito. Ma io ero completamente fuori di me e le sue parole mi confondevano.

- Tu. Comunque, lo vedrai da te", sorrise incoraggiante mentre si accingeva a riportarmi alla normalità.

Dovetti indossare la sua maglietta, perché il vestito era morto di coraggio, e Ian mi prese in braccio e mi portò verso il castello e poi nell'ala successiva, dove si trovavano le sale operatorie. Entrammo in una di esse, dove mi misero delicatamente in piedi.

La stanza luminosa con enormi finestre, dietro le quali si vedeva il cortile con una fontana al centro, scintillava di pulizia cristallina, e l'odore di medicina era nell'aria, diluito con i nostri profumi personali e un altro - sconosciuto. E allo stesso tempo, non del tutto sconosciuto. Nel profondo, qualcosa sembrava risuonare, degno di riconoscere quel profumo. Una sorta di riconoscimento innato. E quando il licantropo dai capelli scuri seduto sul tavolo operatorio si girò, fu come un colpo alla testa. Era così inaspettato vedersi guardare, ma solo in forma maschile.

- Ti presento Yaroslava. Lui è Kyle", lo presentò il suo amante. - Il tuo fratellastro", spiegò l'ovvio. - E altrettanto testardo e cocciuto come te. No, questa versione di te è anche peggio", brontolò. - Ora mi permetti di aiutarti? - Mi rivolsi al terzo uomo presente.

Sembrava che non lo sentisse. E anch'io, che guardavo la copia di me stesso con totale sconcerto.

No, deve essere...

Quanto è simile.

Esiste una cosa del genere?

No, non mi riferisco all'esistenza dei gemelli in generale.

Da dove viene?

Dopo vent'anni di vita.....

Il nostro.

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